Boston, USA

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Natale 2007

martedì 2 giugno 2009

Il paradigma biostorico: piani logici per una società a nanosecondi?





di Antonia Colamonico

Siamo in piena rivoluzione gnoseologica, una vera e propria rivoluzione copernicana, poiché il passaggio da una società che si esprimeva in tempi ore (sistema di fabbrica) ad una in tempi nanosecondi (sistema informatico) ha implicato uno stravolgimento nei modi di costruire, immaginare, raccontare gli eventi storici, intesi questi in senso lato, come tutti gli oggetti di tutte le scienze.

Tale sconvolgimento ha colto l’uomo impreparato a gestire la complessità, poiché i sistemi di lettura della realtà sono inadeguati alla velocità del organismo Società-Mondo. Si è creato uno stallo gnoseologico che rende l’uomo inadeguato al suo sistema storico, di qui lo stato di confusione generale che si coglie nella politica, nell’economia, nella stessa psiche umana, senza contare i sistemi educativi o amministrativi o giuridici...
  • Come reagire a tale crisi storica che rischia di innescare un’inversione come quella medioevale?
Bisogna avere il coraggio di accettare lo stato di cecità che rende inadeguati alla vita ed iniziare a mettersi in gioco.
Bisogna accettare di fare un salto nel vuoto e iniziare ad ri-immaginare il mondo nuovo. Naturalmente in tale ri-modellamento degli stati cognitivi della storia, bisogna essere disposti a mettere in discussione gli stati di potere. Qui le risposte sono a doppia uscita:
  • Se, si; si cavalca l’onda dell’innovazione e si dà una ventata di giovinezza alla classe dirigenziale.
  • Se, no; si assume un habitus autoritario e si vedono dappertutto i mostri storici (caccia alle streghe).
Non è facile in una società dell’usa e getta in cui i rapporti sono stati organizzati sul possesso dei beni materiali, sul culto del corpo… iniziare a parlare di ri-organizzazione della mente-coscienza, di società dell’essere da privilegiare a quella dell’avere…

Procedendo con ordine, l’indagine biostorica, avviata nel 1983, pone un dualismo insormontabile tra storia/storiografia, come i piani della vita (bios) e delle lettura-interpretazione della vita.Gli eventi sono le risposte che noi diamo alla vita, vista questa come un movimento di perturbazione quantiche che attuano le dialogiche io/campo, individuo/ambiente (l’uno/tutto biostorico).

I quanti sono porzioni discrete di vita che attivano (rendono vivi) i campi storici. Il quanto come promotore di vita è un incognita che si presta ad essere conosciuta, interpretata, acquisita.
Il passaggio dallo stato di ignoranza a quello di conoscenza, fa del quanto un evento storico; per cui il primo è la porzione più piccola di vita che occupa lo spazio-tempo dell’indefinito e imprime un grado di deformazione alla spugna storica. Il secondo, l’evento, è un quanto che ha preso un nome, un luogo, una data. In tale operazione di lettura il quanto è trasformato in un nodo della rete storiografica (A Colamonico. Fatto Tempo Spazio…). Ad esempio se dico Presa della Pastiglia - Parigi -14 luglio 1789, ho costruito un evento, cioè ho agito sulla dimensione della ricostruzione storica, storiografia, piano della conoscenza.

A. Colamonico, Biostoria, p. 55 - Il Filo, 1998.

La ricostruzione essendo il piano dell’immaginato, può indirizzarsi o verso il passato, area del ricordo, o verso il futuro, area del sogno; i due piani della conoscenza non sono la vita in sé che è quantica, quindi un’incognita destinata a rimanere tale.

Accettare il limite della conoscenza è il primo passo che l’uomo informatico dovrà compiere, per saper agire sulla sua realtà storica. Le nostre affermazioni nascono da un dopo o un prima della vita; il dopo e il prima sono le dimensioni del futuro e del passato che sono proiezioni di vita e non stati di vita:
  • la vita si esprime solo a tempo 0, il presente, come un lungo oggi, questo è il campo dei quanti.
La vita nella sua dinamica quantica è e rimane un’incognita, poiché per acquisirla c’è uno scarto spazio-temporale che la rende un prima, della lettura. La lettura è una riduzione di vita. L’uomo per quanto possa affinare le sue capacità e i suoi strumenti di lettura, non potrà mai cogliere il tempo 0 (il tempo di Dio).


Di cosa sia fatta l’organizzazione quantica vari scienziati stanno indagando, c’è chi sostiene che sia energia (vitalismo), chi materia (materialismo), chi movimento (cibernetica),chi informazione allo stato puro (biostoria) cioè informazione = azione che prende forma = spugna storica.

È impossibile alla mente umana dare una veste definitiva al quanto, poiché ogni veste è un’interpretazione condizionata dalle mappe gnoseologiche dell’osservatore, che fa del quanto-incognita un evento circoscritto. L’impossibilità a definirlo non impedisce all’uomo di conoscere.

Personalmente:
  • se agisco sul piano dell’emisfero destro, quello dell’emozione: il quanto è, biblicamente parlando, l’alito-soffio-parola di Dio, come lo Spirito Santo che rende coeso, a tempo 0, il disordine cosmico.
  • Se parlo con il mio emisfero sinistro, area della razionalità: esso è un là che dà input al movimento dei campi vitali, i quali si attivano a interagire e a dare vita ai fenomeni storici.
Essendo un in-conoscibile che attiva il campo vita a livello cosmico, personalmente trovo riduttivo chiamarlo solo o energia o materia o informazione per poi chiuderlo, come in una scatola, in una categoria semantica. Non esiste una scienza che abbia il primato sulle altre, sono tutte riduzioni di realtà che si apprestano, si avvicinano alla realtà, ma sono un altro dalla realtà in sé che è inconoscibile.
  • Quali le ricadute sul piano mentale di tale logica biostorica?
Non esistono i primi della classe, se il limite è intrinseco alla condizione umana, allora io ho bisogno dell’altro che mi apra lo sguardo ad una dimensione più ampia di vita. Il fisico ha bisogno del matematico, del poeta, dell’economista, del pittore, del giurista, del cardiologo, e così tutti, insieme, creano la rete del sapere storico.
Se non esistono i primi della classe, allora i dualismi di società, di ceti, di umanità con le relative gerarchie, sono delle forzature storiche di chi ha paura d’aprirsi con la mente e con il cuore alla complessità della vita.

Nella società a nanosecondo, data la velocità del sistema, non si possono creare domini permanenti, bisogna entrare nella logica dell’uno/tutto per cui c’è una bivalenza di servo/padrone che viene di volta in volta interpretata da tutti, in funzione di quel secondo storico o di quella abilità storica, necessaria in quel dato nanosecondo; per cui un si fatto dinamismo, impone la de-gerarchizzazione della struttura sociale:
  • Questa è la democrazia della vita!
Democrazia che, come dico in nel 2° libro di Biostoria, non è una trovata o un’invenzione di una elite intellettuale della antica Grecia, ma il modo naturale del processo storico che prende vita nello spazio-tempo 0 di tutti gli spazi-tempi storici.

Per gestire un sistema a nanosecondi o si è vitali o si impazzisce; o si accetta la libertà del sistema o si resta ingabbiati nella paura di vivere e questa è una tendenza necrofila che porta all’asfissia e poi alla morte della società. Non è un caso che si siamo succedute tante civiltà, il loro morire ha segnato il grado di potere di una minoranza (oligarchia) che non ha voluto aprirsi al nuovo.

Ora osservando il sistema Italia o meglio Europa o meglio ancora Mondo si comprende bene come siamo di fronte ad un bivio storico: o si accetta di cambiare o si morirà tutti quanti!

Se poi si considera che l’uomo non è il privilegiato del creato, ma solo uno dei tanti soggetti cosmici, se non verrà accettato il limite, sarà il creato stesso che lo espellerà come il pus di sé.


Acquisire una logica biostorica è l’ancora di salvezza, non esistono i primi della classe ma i tutto-uno della classe, personalmente ho avuto la fortuna d’insegnare quasi sempre in un professionale con alunni anche molto difficili e disagiati che hanno temprato il mio carattere; ma sono stati proprio questi che mi hanno fatto capire di aver bisogno della loro diversità per imparare ad alzare lo sguardo, ad aprire la mente-cuore alla “sintropia del Caos”, agli ordine della diversità che è: il processo vitale!

Innamorarsi della vita nella sua diversità, per la sua diversità è il vero ed unico compito storico per l’umanità. L’innamoramento porta al matrimonio biblico:
  • E i due furono una cosa sola! Una dialogica sola!
Essere una cosa sola crea l’abbraccio vitale che trasforma l’io in un noi. Essere un noi porta a saper assumere il compito storico che fa dire si alla vita.
  • Si, voglio vivere, sognare, sperare, esserci!
  • E per poterlo fare accetto di essere onesto, corretto, giusto, umile, aperto al dialogo, aperto all’ascolto, aperto alla tua univocità che mi fa sentire un’oltre, in cerca di te!
Questo è lo scenario che si è aperto con la società del nanosecondo ed è la più grande rivoluzione della storia:
  • Per la prima volta l’umanità si sta misurando con il tempo 0, il tempo di Dio!
E sarà proprio Dio a strappargli il velo della sua ignoranza, intolleranza, disumanità… e farlo sentire integrato e amato nel tutto-rete della Vita.

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http://occhiobiostorico.blogspot.com/2009/01/quale-logica-per-un-reale-cambiamento.html

sabato 18 aprile 2009

Il terremoto in Abruzzo e i vuoti della spugna storica


di Antonia Colamonico (biostorica)



Il disastro del terremoto sta mettendo il luce una molteplicità di contraddizioni e inadempienze che hanno inciso sull’ampiezza dei crolli e il numero di morti. I fenomeni naturali sono gli effetti di un pianeta che vive, in quanto il processo evolutivo del sistema Terra è legato allo stesso processo biostorico come una dinamica aperta, in continua riorganizzazione per effetto stesso del perturbarsi dei quanti storici.


I terremoti fanno parte della storia e regolarmente nel tempo si sono attuati eventi che hanno fatto misurare l’umanità con la sua piccolezza e con i suoi limiti, ma sono stati proprio questi a fare accrescere la conoscenza.


L’ampiezza delle azioni umane nella storia è proporzionale alle capacità di lettura dei fenomeni. Ma se il terremoto fa parte della vita, non sono del tutto naturali i crolli e i disastri che ne conseguono. Le immagini che sono pervenute dall’Aquila, mostrano una varietà di situazioni: palazzi interamente implosi, altri parzialmente segnati dal sisma e altri del tutto indenni.

Si impongono inevitabilmente delle domande:

  • Come mai alcuni palazzi anche di recente costruzione non hanno resistito, mentre palazzi antichi di secoli sono rimasti in piedi?
  • Perché palazzi di una stessa epoca hanno risposto in modo differente al sisma?
  • Perché le macerie mostrano lo sbriciolamento dei muri?
  • Come mai, nonostante le svariate premesse alla scossa delle o3, nessuno abbia fatto dei sopralluoghi?
  • Perché nelle mappe geologiche regionali l’Aquila da area 1 sia passata ad area 2, con le relative conseguenze sui criteri di fabbricazione degli edifici?
  • I morti potevano essere salvati?
  • Chi pagherà lo strazio nei cuori?
  • Dio dov’era quella notte?

Leggendo con occhi biostorici la dinamica della vita, essa, vista come un sistema unico, una struttura a spugna con creste e vuoti. I vuoti sono i processi non attuati, che non hanno avuto futuro, mentre i pieni sono le dinamiche che si sono concretizzate, che hanno preso storia, come l’occupazione di uno spazio-tempo.


Proprio perché il processo storico è vitale, esso è un sistema che prende aspetto-forma nello spazio-tempo, la forma è una sagoma che topologicamente può assumere vari contorni, si pensi alle foglie di uno stesso ramo; ogni foglia ha una sua particolarità che la rende unica. Lo stesso può dirsi degli uomini, ognuno ha una suo profilo che lo distingue. Ogni diversità è il risultato di una scelta-selezione di risposta alla vita, vista questa come la dialogica individuo/campo.


L’autogoverno del sistema vitale, a tutti i livelli cosmici, consiste nella capacità di ogni elemento ad organizzarsi in relazione ad una pluralità di scelte. Alla base di ogni scelta vi è la libertà del sistema di dire si o no ad una certa tendenza o linea di vita. Le linee costituiscono le trame storiche che aprono, gli echi di passato, ai futuri storici.


Il processo vitale è dunque un’auto-costruzione che procede, inevitabilmente, dal passato al futuro, mediante il tempo 0, il tempo del presente. È il presente, come l’attimo vitale, il tempo della scelta che facendo da nodo o punto di svolta, chiude ad una dinamica e apre ad un'altra. In tale gioco di chiusura/apertura si compie la vita, come vuoto/pieno della spugna storica; per cui leggendo la dinamica della vita, essa procede per linee-trame che in ogni istante di presente, sono in bilico tra la vita e la morte.


Si può facilmente comprendere l’importanza esistenziale del tempo 0, poiché è dalla scelta selezionata in ogni dato momento storico che la dinamica prenderà forma o perderà forma: il prendere equivale al vivere, il perdere al morire.


Se la vita si scommette tutta nel tempo 0 di presente, allora imparare ad anticipare le linee di futuro è il compito storico di ogni vivente, se si vogliono ampliare le possibilità vitale.

Ritornando al terremoto dell’Aquila, sta emergendo un’incapacità storica del Sistema Italia, che non consiste nel non saper anticipare le dinamiche future, ma nel non saper interiorizzare le ipotesi vitali, tanto da farne scelte inevitabili.


Gli studi, le norme e le possibili tecnologie da introdurre per limitare i danni dei disastri ci sono, ma manca la coscienza civica che faccia fare un salto di qualità nelle risposte storiche.


Sta emergendo come logiche miopi abbiano indirizzato le scelte edilizie, per cui il bene delle comunità abruzzesi è stato posto in secondo piano, rispetto al bene di quei pochi che hanno fatto dell’utile immediato l’oggetto di culto: il male che trionfa sul bene!


Se verrà dimostrato che la sabbia del mare è divenuta cemento; che le insistenze degli imprenditori edili hanno imposto la variazione di area geologica; che il culto del quieto vivere ha reso ciechi gli addetti al controllo; infine che esistono delle connivenze malavitose tra la classe dirigente e quella imprenditoriale; allora non è Dio che è stato assente, ma è l’uomo che è delinquente.


  • La libertà, come libero arbitrio, ci pone di fronte alla scelta del bene o del male, in ogni attimo vitale e se è vero che si può scegliere, è anche vero che dalla scelta attuata partirà la particolare linea di futuro con la conseguente ampiezza di vita/morte.


Il bene di pochi ha imposto il male ai molti, questo sembrerebbe emergere dagli effetti della catastrofe, ma ciò in una società che si autodefinisce democratica non è accettabile; se, poi, con la ricostruzione saranno quei pochi a prendere in mano l’iniziativa, allora si può parlare di una vera logica del male, funzionale a se stessa, che agirebbe da Leviatano nella storia.


Il male si irraggia nella vita, prende corpo, produce i suoi effetti necrofili che allargano lo stato del vuoto nelle trame della storia.


  • Se ogni azione assume uno spessore storico in grado di influenza il futuro, cosa si aspettano, ora, i cittadini dallo Stato?

Lo Stato per definizione ha il compito di garantire la vita secondo quel principio naturale che è a fondamento della stessa relazione sociale. Se la classe politica non è in grado di garantire ogni vita, allora è bene che tale classe vada a casa. Ma osservando meglio, se lo stato è il riflesso dei suoi cittadini è ora che si crei una nuova coscienza civile che faccia assumere ad ognuno la propria responsabilità storica, che faccia capire che il fondamento della vita non è l’utile o il guadagno facile, ma il bene comune, come rispetto di sé, dell’altro, della natura, di Dio.


La saggezza nell’azione crea, con la corrispondente responsabilità storica, la fonte vera dell’utile che non ha una semplice valenza economica, misurabile in termini di ricchezza materiale.


  • A cosa servono gli armadi pieni di beni, i palazzi estivi ed invernali, le tavole imbandite?
  • Quale è il senso della vita?
  • Quanta povertà c’è nella ricchezza e ricchezza, nella povertà?

Sono questi i nodi su cui oggi siamo tutti chiamati a riflettere e la capacità a saper dare risposte implicherà l’assunzione del valore storico che farà essere protagonisti della vita.


Confesso che come insegnante ho avuto difficoltà, dopo la lettura dei quotidiani, a parlare ai miei alunni di legalità, troppo spesso i fatti smentiscono le parole che si fanno così chiacchiere: i giovani sanno leggere la coerenza nei fatti. Questa è la vera crisi della scuola! Lo scollamento tra il mondo delle parole e quello delle azioni.


  • Come si può dire ad un ragazzo sii onesto, se tutto intorno la disonestà è premiata!


La vista del disastro mi fa piangere sul dolore e nel contempo pensare alla povertà di quel costruttore che ha speculato sul cemento e ha incassato del denaro che non gli era dovuto; come egli oserà guardare negli occhi il figlioletto che magari ha perduto il compagno di banco nel crollo?


E quel funzionario che ha taciuto, magari incassando la tangente, come potrà addormentarsi dopo aver visto le lacrime di tutte quelle mamme!


Quali parole essi diranno a se stessi per mettere in ordine la coscienza e quanti tranquillanti saranno costretti ad ingerire per zittirla!


Penso a quanta piccolezza viene fatta passare per virtù e a quanta grettezza per atto di coraggio o a quante volte è deriso chi sceglie la via dell’onesta. A quanto dolore è attribuito al fato avverso e non all’indirizzo sbagliato della propria scelta storica.


La lettura in chiave biostorica degli eventi abruzzesi mostra in tutta la sua nudità la povertà dell’uomo che se vuole vivere è obbligato a scegliere il bene e solo in ciò consiste il suo riscatto umano.

martedì 24 marzo 2009

La crisi finanziaria e le risposte degli Stati: il nuovo Medioevo




di Antonia Colamonico (biostorica)


Sviluppare un occhio di lettura biostorico permette di leggere le trame degli eventi in simultaneità, per cui passato, presente, futuro, si annodano in un unico tempo e il tutto diviene contemporaneo. Si può così, con colpo d’insieme, leggere la vita e misurare, in tempo reale, le portate storiche delle azioni.

Nel mio libro - Fatto tempo spazio - del 1993, parlo del passaggio da una storia da leggere ad una da vedere.

La crisi finanziaria che oggi ci attanaglia, è il risultato di logiche affaristiche e egoistiche che motivate da un forte utile immediato, hanno impantanato l’economia in una crisi produttiva senza precedenti. È stata la costruzione di un castello di carta che è imploso su se stesso.

Gli stati allora stanno cercando di intervenire con manovre che apparentemente sembrerebbero indolore: gli stessi governi sono a finanziare le banche per ripristinare il credito.

Se la logica vuole che chi ha sbagliato paghi, di fatto si sta mettendo in moto una politica che va a rifinanziare proprio coloro che hanno attivato il disastro, per ingordigia.

Ricordo un industriale che chiacchierando del più e del meno, mi raccontò, con animo serafico, di avere escogitato un modo per aggiungere plus valore ai suoi utili: giocare in borsa. Aveva infatti scelto di pagare l’IVA in un'unica rata a fine anno, per avere una liquidità da rinvestire. Ora poniamo che i suoi titoli siano crollati, egli si troverebbe con uno scoperto. Immaginando che tale gioco sia stato attuato da molti e molti industriali, si capisce bene come la crisi finanziaria sia divenuta produttiva.

È bene sottolineare che le perdite in borsa non hanno colpito i piccoli risparmiatori che non possono speculare, ma la media e grande borghesia: industriali, manager, politici, personaggi dello spettacolo, giornalisti… e quanti altri abbiano un reddito tale da poter reinvestire.

Gli interventi degli stati, quindi, andrebbero a salvaguardare gli stessi interessi della classe dirigente.

Ma il denaro è un insieme finito, cioè ha un tetto-membrana che lo rende limitato; come la pelle rende limitato il corpo. Allora se il denaro è un finito, come potrebbe esserlo una coperta, se viene tirato da un lato, si accorcia dall’altro; per cui in tali giochi c’è chi si arricchisce e chi si impoverisce.

Osservando in tempo reale, come un tutto la storia, tornano alcune visualizzazione passate che si fanno linee di futuro.

La forte pressione fiscale imposta nel tardo romano impero mise in moto la fuga dalle attività, tanto che Diocleziano impose l’obbligatorietà ed ereditarietà dei mestieri da padre, in figlio e nipote, per cui una volta fissata l’imposta sul mestiere e non sul reddito o si svolgeva o non si svolgeva l’attività dei padri, bisognava pagare la tassa.

Gli storici indicano in ciò il vero inizio del feudalesimo. Diocleziano fu lo stesso imperatore che fece la carneficina dei cristiani nel 3° secolo.

Se il denaro è un finito, se viene speso da qualcuno, viene accumulato da qualche altro, infatti si parla di flusso della moneta.

In un mercato nazionale il flusso è circoscritto dalla stessa area di frontiera, per cui si attua un feed-back che rende stabile il sistema, poiché ci saranno sistematicamente dei ritorni di equilibrio. Ma se il mercato si fa mondiale allora non è più scontato il ritorno di moneta, o meglio il tempo del ritorno si dilaziona. Nell’ultimo periodo dell’impero romano, a Roma, ci fu un depauperarsi della attività produttiva a vantaggio delle manifatture orientali: diminuendo il lavoro, automaticamente diminuì il reddito e con questo l’entrata erariale.

Anche oggi vi è un flusso di moneta che non permane negli stati, ma viaggia da occidente in oriente, nella sola città di Prato si invia circa un milione di euro al giorno in Cina, tanto che ciò è divenuto un caso nazionale. Il non ritorno della moneta crea instabilità e precarietà.

La ruralizzazione dell’occidente nacque dal bisogno di tamponare la crisi produttiva, per cui si crearono una serie di gabbie per garantire le entrate dello stato e si trasformò il pubblico in privato. Cercando di capire con un esempio, non si da il contributo direttamente a chi ha bisogno, ma ad un intermediario che paga un diritto d’uso, in cambio di una licenza per riscuotere a sua volta una balzello. La privatizzazione dello stato produsse la lottizzazione e l’egemonia feudale, con relativa scomparsa dello stato di diritto.

È significativo che Roma, colei che aveva fatto della legge la sua carta vincente, abbia attivato lo stato delle consuetudini e delle caste.

Il sistema di gabelle, pedaggi, dazi… affamò le popolazioni. Si pagava per tutto e su tutto. Le folle furono ridotte in servitù della gleba e in uno status di totale ignoranza, per renderle incapaci a ribellarsi. La scuola primaria era obbligatoria per i romani, infatti tutti, poiché cittadini, dovevano saper leggere, scrivere e far di conto.

Nei secoli bui si ebbe la moria degli uomini, scomparve circa 2/3 della popolazione europea.

Gli stati, oggi, stanno decidendo di finanziare le banche che a loro volta, si spera, finanzieranno le imprese che poi, pagheranno i salari. In questa catena di processo lineare, sulla carta, si possono però innescare delle contraddizioni:
  • Le banche finanzieranno le imprese o saneranno i loro bilanci?
  • Le imprese pagheranno i salari e a quali operai?
  • Si è sicuri che non si useranno i soldi dello stato italiano per pagare la manodopera a basso costo in Asia, peggiorando la fuga dei capitali?
Il colmo sarebbe che le manovre finiscano per accelerare la decadenza ad esempio della manifattura italiana.

Sui giornali è apparsa di straforo la notizia della privatizzazione dell’acqua corrente, oltre a quella minerale. Certo lo stato dovrà da qualche parte cercare le risorse; ma ciò, se è vero, permetterebbe la mondializzazione dell’acqua italiana, la cui proprietà passerebbe dallo stato, alle multinazionali. Queste ponendosi come società sopranazionali, guardano al flusso della moneta su scala mondiale e agiscono in virtù di un utile, senza nazionalità. Per cui se gli italiani si dovesse trovare nell’impossibilità di pagare il prezzo dell’acqua, così come avviene in Africa per i diamanti, o il petrolio; quelle sarebbero autorizzate ad inviare le nostre risorse idriche in altri mercati più ricchi. Certo l’acqua è un bene di tutti, ma dovrebbe essere garantita a tutti e solo uno stato democratico con le sue leggi, può fare rispettare il diritto alla vita, essendo l’acqua un bene primario.

  • Siamo dunque di fronte ad una inversione di tendenza che sta aprendo al nuovo feudalesimo? Si preannunciano nuovi tempi bui con relativa moria di uomini, l’Africa insegna.
Per impedire ciò, così come si profilò nel terzo secolo, necessita una conversione generalizzata, come il ritorno di tutti ai valori etici universali. Iniziare ad implementare un dialogica della vita, ma per farlo occorre fare pulizia nella mente e nel cuore, appropriarsi del vero senso dell’esistere, abbandonando le strettoie del nichilismo e dell’egoismo.

  • Sentirsi parte di un tutto che ci fa essere dei finiti/infiniti!
Ma ciò impone un salto di paradigma:
  • Passare dalla logica dell’utile a quella della gratuità, che si fa cittadinanza della vita.
  • In ciò San Francesco potrebbe essere maestro!

sabato 31 gennaio 2009

Alla palestra della mente: la presunzione di Caino


da A Colamonico. Costellazioni di significati per una topologia del pensiero complesso. Bari, 2007


… Perché Caino?

Caino rappresenta la pecora nera dell’Umanità che si macchia di fratricidio, perché vuole imporre la sua visione di uguaglianza ad Abele. Caino non si pone di fronte alla scena della Storia, con l’occhio di chi ammiri l’inanellarsi degli eventi che nel loro incontrarsi, dicono: eccoci. Ma come colui che giudica il perché di un si o di un no, per valutare il peso storico di ogni azione e, di qui, la sua possibilità di tornaconto. Egli rappresenta quella parte della mente che si crede importante, perché sa capire le cose e, nel credersi tale, è portata ad elaborare l’esaltazione di autocompiacimento del sé che fa arroccare il pensiero intorno allo status di potere: sono bravo, merito di più, ho diritto al primo posto…

Caino, dunque, rappresenta l’anima critica, tipica dell’intellettuale e di colui che, assumendo una posizione prevalentemente razionale, lato sinistro del cervello, finisce con il considerare tale capacità ad elaborare e ad intervenire nella Storia, come una sua prerogativa esclusiva, svincolata dalla stessa realtà che sta osservando.

Caino è il lato narcisistico di noi, che ci isola dal mondo. Che ci pone su un piedistallo e ci fa guardare agli altri come ad una umanità di un dio minore. Nel suo sentirsi il migliore, Caino assume la dimensione dell’antipatico al Mondo e finisce col ricevere poca attenzione, al contrario del fratello Abele che si pone, come un contemplatore della scena del Mondo. I due fratelli incarnano le due sfere del cervello che, se lette in antitesi, producono il dualismo mente/cuore che ha determinato gli errori storici delle dicotomie tra la Scienza e l’Arte; tra la mente e il braccio con relativa scissione dell’Umanità tra chi è predisposto a pensare, quindi a comandare, e chi a fare, di conseguenza ad ubbidire. Caino, ritenendosi il migliore è portato a riconoscere meno vita in Abele, il quale pur essendo ai suoi occhi un meno, riceve le tenerezze paterne. È quel risentimento che nasce nel ricco a vedere la serenità del povero, che lui legge come un sotto-insieme di umanità. Di qui nasce, in Caino, l’elaborazione dell’odio che lo porterà ad uccidere.

Le ignominie della storia, sono il risultato di una forma mentis che non riesce a vedere negli altri una possibilità di costruzione della vita. Il non vederla porta a non rilassarsi di fronte agli eventi, poiché si ha paura di risultare inadeguati alla complessità delle dinamiche che si sentono pesare, tutte, sulle spalle.

L’angoscia dell’inadeguatezza porta a voler a tutti i costi controllare la vita, programmando e incastrando come in un puzzle tutti gli accadimenti passati e futuri. In questa mania a voler controllare il campo, si finisce con il dilatare lo stato di stress che diviene malessere. Il malessere conduce a proiettare la causa del proprio disagio non su di sé, bensì sugli altri, perché incapaci. In questo gioco, sottile, di diffidenze stratificate ci si avvita intorno al sé e piano, piano, si finisce col diventare nemici della vita, i Caino del mondo.

Abele, viceversa, rappresenta, l’anima amante della scena del mondo. Sa di essere un semplice contemplatore degli spazio-tempi che catturano il suo occhio. Non si costruisce le gabbie economico-intellettuali. Egli si lascia quasi condurre per mano dagli accadimenti che poi gli saranno fatali.

La morte di Abele è l’immagine della morte innescata ad opera dell’habitat in ciascun uomo, allorquando per essere inseriti nei livelli delle strettoie della società, si deve, continuamente, dimostrare la capacità d’integrazione, rinunciando a pezzettini d’indipendenza del sé. È quel processo che comunemente viene chiamato asservimento al potere per un posto di lavoro, per una scalata sociale. Asservimento che crea i conformismi, gli accomodamenti, i prezzi da pagare per ogni uomo e che trasformano i diritti in concessioni.

Il campo-habitat come un tiranno mette in atto una serie di mobbing-seduzioni, logica del bastone e della carota, che hanno lo scopo di sottomettere, con la rinuncia alla libertà di coscienza dell’individuo, per il riconoscimento dello status di cittadino. La morte di Abele sono le piccole morti in ognuno di noi, quando veniamo valutati se adeguati o inadeguati al proseguimento degli studi, all’avanzamento di carriera, all’ammissione in un salotto di èlite. Valutazioni che, prescindendo dal significato eco-biostorico dell’essere un finito/infinito, attribuiscono e riconoscono a noi, le quantità-qualità di pezzettini di umanità.

Le due angolazioni, mente/cuore, della mente umana e di riflesso sociale, corrispondono ad una prerogativa di cervello diviso in due emisferi, il destro predisposto all’emotività, il sinistro alla razionalità. Emisferi che si pongono naturalmente non come un processo oppositivo di antitesi; bensì come un completamento, l’uno dell’altro. …


domenica 11 gennaio 2009

Lettera a Edgar Morin: Riflessioni in riflessioni


da: Antonia Colamonico [colamonico@...]

Inviato: sabato 26 luglio 2003 10.39

A: EDGAR MORIN (Edgar.Morin@...)

Oggetto: riflessioni in riflessioni



Ciao, amico mio grande,

mi sono sentita con Montuori che mi ha dato l’ok per la traduzione dell’articolo. Mi ha parlato di te e delle differenze tra l’epistemologia europea e quella americana.

Spero, tu abbia trascorso una buona e fruttuosa vacanza!

In questi giorni d’ozio a Perugia mi sono ritrovata a ripensare alla tua autobiografia e al tuo attuale importantissimo compito: Etica.


Credo che il male del comunismo sia molto più radicale e profondo di quanto possa apparire ad una semplice analisi socio-politica. Annullando il significato dell’io, ha legato la generazione che si è nutrita del suo latte concettuale al niente cosmico. E il nulla è emerso in tutti gli ambienti. Il nulla della coscienza personale e sociale. Oggi quello che emerge è il vuoto morale, politico, culturale… un vuoto che si annida nelle pieghe più intime dell’animo. Lavoro con i figli di quei comunisti nutriti da quel lette e sono ragazzi di una fragilità e solitudine incredibile. Sono presi-rapiti dal semplice apparire. I loro valori si risolvono nello sballo del sabato sera, nell’avventura di una notte, nella firma di una griffe di grido, nella canna consumata in gruppo con una birra in mano. Sono di una povertà profonda che diviene miseria concettuale, emotiva, ideativa, partecipativa. Il danno storico del comunismo è molto più catastrofico di quello che si possa immaginare, basta fare un viaggio a Prega o a Budapest.


Penso che con Etica il tuo compito sia molto grave, dovrai essere messaggero di speranza e costruttore di coscienza per le nuove generazioni.


  • E circa la speranza credo che, da gentile cristiana che sono, posso porgerti l’altro occhio di lettura.


Condivido: il Cristo è un ebreo d’oc, non può essere definito cristiano in quanto il cristianesimo è un dopo. È ebrea la sua cultura, il suo Dio, la sua visione, la sua preghiera… ebrei i suoi maestri, genitori, amici… i suoi rituali e le sue consuetudini, le sue espressioni. Cristo è ebreo, profondamente ebreo, immensamente ebreo. Un ebreo assetato di coerenza, di cumprehensione (come te!), di scorporazione del sacro dal profano, di giustizia e di libertà. Un ebreo che rifiuta l’autoritarismo osservante e vuoto del Tempio e ri-cerca il suo Dio nella quotidianità delle piccole azioni, nella ripetitività dei gesti comuni, fuori dalle mura... Non si circonda di sapienti ma di semplici: pescatori, contadini, lebbrosi… e donne. Un ebro che chiamava il suo Dio: Padre, e insegna ai semplici come affidarsi … Un ebreo giusto.


È molto bello il concetto di giusto, implica da un lato quella autonomia di giudizio (di cui tu sei maestro) che fa andare oltre la visione interna delle dinamiche e dall’altro la capacità ad affidarsi alle incognite della vita (salto nel vuoto). Implica il fermarsi a guardare, con occhio disincantato, la dinamica delle storia e lasciarsi in-cantare dall’inanellarsi degli eventi, come quando egli si fermò a disegnare sulla sabbia, mentre gli esponevano il caso dell’adultera e trovò la terza via (Intendo questo quando parlo di occhio-biostorico a campo profondo!). Il Cristo è un giusto che si fa coscienza del tempo e per questo merita la croce. Ma la sua grandezza storica non si risolve tutta sulla croce.


  • La croce ha un dopo che si chiama: Resurrezione. Il Cristo è il risorto. È tutto qui il nodo che ha dato il nuovo corso alla storia.


Dolcissimo amico mio, lontana da me l’idea di convertirti al cristianesimo, rispetto il tuo credo. Ma il nodo storico si gioca nella resurrezione: Egli è il risorto; colui che ha vinto la morte. Non chiedermi come. È un mistero. Un mistero talmente grande che lo fa chiamare dai suoi discepoli: il figlio di Dio. Non credo che sia importante litigare su come egli possa o non possa essere il figlio unigenito di Dio. Credo che sia importante accettare il mistero della risurrezione e che sia stato un mistero grandioso lo si capisce dalle parole di Giovanni Apostolo, nella prima lettera, quando dice: la parola che dà la vita … noi l’abbiamo udita, l’abbiamo vista con i nostri occhi, l’abbiamo contemplata, l’abbiamo toccata con le nostre mani. La vita si è manifestata e noi l’abbiamo veduta. E che cosa è questa vita che loro hanno toccato, se non la resurrezione che ha sconvolto le esistenze semplici di quel pugno di pescatori che hanno sperimentato il mistero.


  • Ecco il nodo che cambia il corso della storia: la vita si è manifestata, la vita che ha sconfitto la morte. È questa al speranza che diviene certezza.


Amico mio, l’ultima parola non sarà dell’entropia, ma della sintropia. Quando incontrai dei fisici del Centro di Ricerca Nucleare di Ginevra mi fecero mille domande su quello che definisco il tempo sintropico e rimasero incantati dalle mappe e mi chiesero come avessi fatto a visualizzarle, dato che non sono un fisico. Che cosa sia la vita nella sua organizzazione più profonda non è dato vedere ai nostri occhi miopi, ma essa c’è, esiste e l’ebreo Cristo ne è la prova storica.


Mi hai detto che credi nel mistero, ecco il mistero dei misteri. È qui anche il significato della diaspora: non ha più senso (salto di paradigma) essere ebro o gentile, donna o uomo, libero o schiavo… aggiungo bianco o nero, ricco o povero… sapiente o ignorante… sano o malato… siamo tutti figli dell’unico Dio. Il Dio della Vita. In questo mistero di vita si gioca la Civiltà Planetaria di cui tu parli.


- Che Dio sia unico personalmente l’ho capito a Gerusalemme, quando vidi la stupidità dell’uomo che faceva accapigliare ebrei, mussulmani, ortodossi, cattolici, copti… per la gestione del Santo Sepolcro e toccai con mano la cecità dell’uomo: gli arabi hanno le chiavi; i cristiani gli altari e gli ebri i fucili per difenderlo. In quel istante ho desiderato il ritorno di Cristo per scacciare i farisei di tutte le religioni dal tempio dell’unico Dio. I farisei sono in tutti i credo, sono quelli che si ritengono privi di peccato perché osservanti di regole che loro stessi hanno svuotato di significato. Sono quelli che nascondono dietro il credo la loro sete di dominio. Sono i sepolcri imbiancati dal cuore di pietra che gridano allo scandalo.


- Che Cristo è il risorto lo capii a Torino, quando vidi la Sacra Sindone. Ero andata per accompagnare mia madre e le zie. Ero scettica e non capivo il perché del loro viaggio per vedere un lenzuolo manipolato da chi sa chi, nella notte della storia. Ma quando lo vidi… nella sua nudità, sofferenza, bellezza… anch’io toccai con mano la vita. Non è un falso. È la testimonianza del mistero.


Prova a riflettere. Se ti capita di assistere ad un miracolo di resurrezione e trovi piegato il lenzuolo che aveva avvolto il corpo del risorto, cosa fai? Sempre Giovanni racconta di essere stato il primo ad accorrere, quando le donne andarono a raccontare del sepolcro vuoto e cita il particolare del lenzuolo piegato. Ora nel nostro esperimento tu sei Giovanni e trovi il lenzuolo, lo apri, vedi l’immagine in negativo del corpo del tuo amico… Cosa fai?


Semplice, lo conservi come l’oggetto più prezioso della tua casa e poi lo tramandi a tuo figlio e al figlio del figlio… Gerusalemme è messa a ferro e fuoco e nella tua casa c’è quella reliquia del mistero e tu dovrai scappare e cosa porti con te… non dimenticare che tu sei un ebreo e hai ben radicato il senso d’appartenenza. Cosa fai, dunque? … Semplice porti solo quello che per te è più prezioso: il lenzuolo. A casa ho degli oggetti appartenuti alla mia famiglia e se dovessi scappare non porterei gioielli, ma foto, ninnoli, pizzi che le mani di mia madre hanno accarezzato e prima di lei sua madre e sua madre ancora. Questo ragionamento fa capire come sia stato possibile preservare la sindone nei secoli, ma non certo il perché dell’immagine.


  • Come si è prodotta l’immagine sul lenzuolo, ecco il mistero del mistero.


Non so se sai che un fisico americano si è fatto iniettare un composto radioattivo, come quelli che si usano per esami medici, mentre era avvolto in un lenzuolo di lino: il negativo della sua immagine è rimasta impressa sul lenzuolo. Quindi non è la testimonianza di una morte, ma di una folgorazione, di un’energia che si è sprigionata e ha segnato il telo. Ecco la resurrezione. Un’energia vitale che si è organizzata in vita; ecco il significato profondo della storia: un bombardamento di quanti che permettono l’organizzazione degli ordini complessi. Come? Mistero.


Da tutto tale mistero nasce la strada, segnata dal Cristo col suo messaggio d’amore e che ogni uomo dovrà imparare a tracciare e percorrere. E con tale via si attua il salto di paradigma da un mondo diviso ad un mondo uni-complesso. Il complesso implica la libertà di ognuno ad essere semplicemente, unicamente, immensamente, infinitamente se stesso (ordine individuale) nell’armonia del cosmo (sintropia del Caos).


Mio immenso amico, non credere a chi dice che il mondo di pace, profetizzato da Isaia, non è di questo mondo. È solo il modo per far passare da sciocco idealista il giusto; per, poi, fargli abbassare la testa e rendere vuoto il suo messaggio. La pace si costruirà e sarà realtà di questo mondo, quando da parte di tutti, con il salto di paradigma, si comprenderà che la pace è il migliore investimento economico dell’Umanità. Ma la pace implica una nuova mentalità, un nuovo modo di essere uomo, una nuova scala di valori, un porgere l’altra guancia… non perché si è sciocchi o vili o folli, ma perché si è immuni dal concetto di dominio. La vita è un valore così grande e profondo che non si tollera l’imposizione del proprio ordine, del proprio verso di realtà. In tale non imporre si accetta l’altro per quello che è nella sua essenza più profonda, con tutta la sua grandezza e piccolezza insieme. Questo è l’accogliere l’altro o semplicemente l’amare il prossimo tuo del ebreo Cristo.


Qui mi fermo carissimo Edgar:


- Nella tua Etica parla della vita. Ipotizza la via d’uscita dal nichilismo divoratore di coscienze e sii pescatore di uomini.


Ti abbraccio. Antonia


Ps:


- Sai, circa sei anni fa chiesi a Bocchi, al quale avevo inviato dei libri, il tuo indirizzo, ma lui non rispose. Questo ti fa capire che nessuno può impedire alla Parola di andare, scavare, edificare... creare correnti di idee. Le parole non ci appartengono, sono solo di passaggio in noi, sono i ponti tra le generazioni, tra le civiltà… in questo loro esodo sono particelle topologiche, costruttrici di storia, echi di vita che danno vita (traslazione di evento).


- Sei talmente ampio, profondo che mi fai nuotare nei tuoi pensieri. GRAZIE. Sono proprio quelli che tu chiami i demoni che ci distinguono e ci fanno essere meravigliosamente unici come le foglie di uno stesso ramo o le dita di una stessa mano. Essi sono i carismi (= doni) dello Spirito. I doni scritti nel nostro dna. Nasciamo per assolvere a tali doni che sono il significato profondo della nostra vita e del nostro tempo-spazio (funzione biostorica). E lo Spazio-Tempo-Vita ci ri-conduce per mano a compierli. Il ri-condurre implica le fughe e i ritorni, i rifiuti e i consensi, le cadute e le risalite… In tale perdersi e ritrovarsi si edifica il nostro luogo storico, la nostra libertà vitale, la nostra umanità/divinità, il nostro uno/tutto.


A presto.


(Il bello della rete è che si possono condividere le idee e anche le emozioni, per questo ho immesso una lettera che scrissi a Morin dopo la lettura della sua autobiografia "I miei demoni" in cui racconta con occhio disincantato i drammi della sua vita con le aspirazioni e le gioie.

La sua posizione di ebreo nella Parigi occupata dalle truppe tedesche, l'allontanamento dal partito comunista francese per affermare la sua autonomia di giudizio, la malattia e la sua speranza di una Società Planetaria...

In quel periodo stava scrivendo Etica e dallo scambio di idee ci fermammo a riflettere sul mistero e sulla religiosità...)

Boston, USA

Boston, USA
Visita al MIT, il tempio della Nuova Era

Pubblicazioni e inediti - Antonia Colamonico -

Le Filastrocche di Spazioliberina - Raccolta di poesie, 1992, nel ciclo di Le stagioni delle parole, parzialmente pubblicate in antologie, saggi e testi scolastici vari.

Fatto Tempo Spazio - Premesse per una didattica sistemica della Storia. OPPI – Milano 1993.

Storia - Nuova Secondaria, 15 settembre, pagg. 69-71. Editrice La Scuola- Brescia,1994.

Ed altro – Raccolta di racconti brevi 1994, , nel ciclo di Le stagioni delle parole, parzialmente pubblicate in antologie, saggi e testi scolastici vari.

Il Filo - Raccolta di poesie, 1994, , nel ciclo di Le stagioni delle parole, parzialmente pubblicate in antologie, saggi e testi scolastici vari.

Corso modulare di aggiornamento transdisciplinare. Pagg. 31-33, Oppi Informazione, Milano. Sett.- dic. 1995.

Biostoria scienza e metodo per un pensiero al plurale. Prime carte di viaggio, in collaborazione con lo studio Lananna - Art. Direction Carlo Curci. Ed. Pubblicità e Stampa. Bari, 1997.

Biostoria. Verso la formulazione di una nuova Scienza. Campi, metodi, prospettive. Il Filo - Bari 1998.

L’occhio biostorico e la lettura della Società delle Informazioni –http://www.formanet.it/biostoria - 2000.

Ordini complessi - Carte biostoriche di approccio ad una conoscenza dinamica a cinque dimensioni. Il Filo – Bari, 2002.

Ottimizzare i processi di insegnamento-apprendimento: la scienza e Metodo biostoria. In FIS-CAB, Pag. 3 – maggio-giugno 2003, Bari.

Echi di vita in (“La nostra Storia - Cronistoria della Città di Acquaviva delle Fonti” dei fratelli Martino e Nunzio Mastrorocco, Ed. Summa). 3003

La conoscenza biostorica tra ordini multipli e pensiero complesso. In Pianetascuola, Irfos Bari. Ott.-Dic. 2004. pp. 5-6.

Bio-Informazione: nuove linee per una scienza nuova, in http://www.invisibilmente.it/forum/ - nov. 2004.

Edgar Morin and Biohistory: the story of a paternity. In World Futures: The Jounal of General Evolution, a cura di A Montuori. Vol. 61 - n° 6, pp. 441-469, part of the Taylor & Francis Group - Routledge, August 2005.

Il Pensiero Creativo e il ruolo del futuro nella Dinamica Biostorica: restaurazione e risorgimenti. In Pianetascuola, n° 3, lug.-sett. pp. 3-6, Ed. IRFOS – Bari. 2005.

Cambi di paradigma nell’esplorazione biostorica. In Pianetascuola, Ed. IRFOS Bari, gen.- marz. 2006, pp 18-30.

Alla palestra della mente: Costellazioni di significati per una topologia del Pensiero Complesso. Inedito. 2006.

Dall’esplorazione biostorica alla geografia del Pensiero Complesso, in AA VV, Cultura e Pedagogia della Riforma, pp. 129-140. Ed Cacucci – Bari, 2006.

Le letture biostoriche per una didattica efficace La Classe come Organismo a dimensione uno-tutto. In Pianetascuola, Ed. IRFOS Bari, nov.- dic. 2007, pp 21-25.

Metacognizione e multimedialità: dalla storia alla biostoria. http://www.internetestoria.it - 2008