Boston, USA

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Natale 2007

sabato 17 maggio 2008

Il Salto Epocale: la Società della Conoscenza


di Antonia Colamonico
La lettura precedente “La fuga dei giovani cervelli: il salto generazionale negatosu Ezio Tarantelli permette di aprire una finestra eco-biostorica sul futuro e di ipotizzare le linee evolutive del cambiamento in atto.
Oggi siamo di fronte a quello che gli storici e gli economisti definiscono un salto epocale che si differenzia dal semplice salto generazionale poiché oltre a implicare un ricambio nella leadership di un Paese, comporta anche una frattura storica, come una discontinuità con il passato e la riorganizzazione del modello mentale e sociale.
L’evoluzione del processo storico procede a due fasi che si possono definire di continuità/discontinuità, essendo i processi nel tempo dinamiche ordinate che tendono al disordine, processo di entropia. Il disordine a sua volta muove verso un grado successivo di ordine, processo di sintropia.
Il gioco storico/vitale si presenta all’occhio dell’osservatore che intraprende l’azione di lettura della realtà, processo neghentropico, come un’alternanza di situazioni chiare e situazioni confuse. Le letture sono quindi vincolate alle capacità di lettura o meglio agli ordini mentali con cui si interpretano gli eventi che possono aprire ai significati storici.
Il disordine è il punto di rottura dell’equilibrio di un processo dinamico, come crisi organizzativa dell’ordine evolutivo. Se si legge la vita come una dialogica io/tu, individuo/campo, ogni risposta di evento, tra i due, è un’informazione. Il ritmo degli scambi informativi incide sul rimodellarsi dell’ordine, che fa trovare un punto d’equilibrio, armonia tra i due soggetti storici. Se il tempo pesa sullo stato d’equilibrio di un processo sistemico, allora l’organizzazione vitale entra in crisi ogni qual volta il ritmo si accelera, per eccesso d’informazione.
Cercando di chiarire con un esempio, si pensi ad un pedone che stia per attraversare una strada: egli è fermo al bordo del marciapiede ad osservare il flusso delle auto, per decidere il momento opportuno per attuare il passaggio. Il soggetto spettatore-attore-abitante della scena storica, mentalmente fa un calcolo di tempi per trovare l’istante idoneo all’attraversare. Questo processo decisionale è estremamente facile se le auto, viste come effetti di evento della nicchia-campo (strada), procedono ad un ritmo lento. Le cose cambiano se si accelera il ritmo del flusso e le auto sfrecciano ad una velocità incalzante: il pedone, in una tale situazione accelerata non potrà calcolare il momento idoneo all’attraversamento. Nelle due situazioni le dinamiche evolutive presentano due differenti possibilità di soluzioni:
  • la prima, procede in senso ordinato e lineare verso l’esito finale, l’attraversamento;
  • la seconda, si doppia in due possibilità d’evoluzione, o restare fermo o morire sotto un’auto. Tale situazione è disordinata.
Ogni processo è dis-ordinato se ha due o più possibilità di ordine evolutivo, di qui la complessità del sistema, quale crisi di lettura dell’insieme sistemico.
Nel caso dell’attraversamento del pedone, la soluzione diviene una creazione di un terzo elemento dialogico: il semaforo che regola il traffico e permette l’attraversamento.
  • Il semaforo è la soluzione che apre ad un grado differente di ordine.
Il Sistema industriale, con tutte le logiche ideativo-economico-sociali che ha prodotto: si pensi alle organizzazioni sindacali, partitiche, economiche, scolastiche, salariali…, è oggi obsoleto. Esso si presenta come un processo di lettura lineare-sequenziale che se è stato valido con una dinamica storica a isola, interna ad un singolo stato o ad una limitata area geografica, non lo è più per un sistema ad arcipelago-rete, in cui gli input d’evento provengono da più sistemi, insieme. Si pensi al flusso delle merci e al cambio dell’asse geo-economico dall’Atlantico al Pacifico.
Il salto epocale è un salto di paradigma, come lo stravolgimento della stessa organizzazione di lettura. È bene precisare che esiste la lettura e la posizione di lettura:
  • la prima è l’atto che genera le informazioni,
  • la seconda è il modo con cui si procedere per generare le informazioni ordinate.
L’atto del leggere e il modo come si concretizza l’atto del leggere, non si pongono sullo stesso livello cognitivo. Nel caso paradigmatico si lavora sui modelli mentali, con cui si attribuiscono i significati ontologici, mentre con la lettura si lavora sui modelli del significato semantico. Cercando di semplificare con un esempio: osservo Giorgio bere un bicchiere di acqua.
La giustificazione o lettura dell’azione del bere si pone per me occhio lettore, su due livelli di significato:
  • quello ontologico, l’azione di Giorgio del bere è funzionale alla vita;
  • quello semantico, Giorgio beve perché ha sete.
Cercando di essere più chiari, che cosa è cambiato perché si possa parlare di salto epocale?
Sono cambiate le velocità dei sistemi storico-sociali, in quanto nell’era della globalizzazione si parla di un doppia velocità e di una doppia linea evolutiva, quella condizionata dai fattori interni agli stati e quella legata ai fattori esterni ai medesimi.
Nel 1890 con l’affermarsi del sistema industriale si parlava di andamento ciclico, ad esempio dell’economia, con fasi alterne di congiunture positive e negative che si alternavano mediamente ogni 15 anni.
Oggi si parla di stallo. Lo stallo è la crisi di un processo strozzato che non va né avanti né indietro: è quella incapacità decisionale del pedone che resta fermo sul marciapiede, in quanto non sa calcolare il tempo opportuno per l’azione. Nel 2008 siamo sotto il profilo della crescita storica in uno stato di profonda crisi decisionale, poiché la complessità del sistema, con la molteplicità di input informativi che ne consegue, è letta come disordine, Caos.
Il salto epocale consisterà in una riorganizzazione del modo di leggere gli ordini di un sistema ad alta velocità. Necessita dunque superare la linearità e sequenzialità del sistema industriale: ecco il salto epocale, trovare nuove regole. La gestione della nuova realtà storica, passerà per il mutamento gnoseologico che implicherà il salto ontologico.
Per essere più chiari, si parla di tre salti epocali che hanno generato il passaggio dal sistema di raccolta dei frutti spontanei e di caccia, a quello agricolo, a quello industriale, a quello digitale. Che cosa è cambiato nei tre momenti del cammino dell’umanità: l’oggetto del desiderio, intorno a cui si andavano ad organizzare i rapporti di potere, di ricchezza/povertà. Se per il cacciatore paleolitico l’uccisione della preda più pregiata determinava la leaderships, in quello agricolo il possesso del latifondo, in quello industriale dei mezzi di produzione, in quello digitale del trattamento delle informazioni. Per cui ad esempio l’azione del rubare se avveniva nel 1° sistema l’oggetto privilegiato era la preda, di qui l’importanza della foresta e del dominio sulle aree di caccia; se era la terra con relativo raccolto, si comprende il perché delle guerre fratricide per un terreno, per una linea di confine; se era la produzione di beni materiali, allora le guerra e le rapine avvenivano per una risorsa energetica, una miniera, una macchina, ecc. se l’oggetto del desiderio è l’informazione e il suo trattamento, la pirateria informatica è la nuova forma di furto. Che cosa è cambiato nelle quattro realtà storiche, semplicemente il significato che si è attribuito alla realtà.
Il salto epocale, oggi, passa dunque per il valore che viene dato alla capacità a saper giocare con le informazioni per implementare le conoscenze.
  • Il nuovo valore è la mente umana e di qui l’accaparramento alle intelligenze migliori con la fuga dei cervelli.
Credo profondamente che questa verità sia sconosciuta alla classe dirigente italiana, perché non ha fatto una politica occupazionale significativa oltre ad una scolastica innovativa.
Per la prima volta è lo stesso uomo l’oggetto privilegiato, si parla infatti di un nuovo umanesimo, e dell’uomo non la sua forza lavoro, che aveva reso schiavi gli ebrei o gli africani, ma la capacità mentale a saper produrre informazioni nuove e funzionali al benessere privato e comune. Questa si può definire la rivoluzione più importante, poiché l’intelligenza non è né ricca e né povera, né donna e né uomo, né bianca, né nera… ma per far sì che tale terreno mentale germogli necessitano degli investimenti enormi sulle scuole, università, istituti di ricerca. Ogni politica che non è indirizzata in tal senso è obsoleta, legata ad un paradigma superato.
La possibilità della sopravivenza nasce dalla stessa capacità di lettura e il bello della storia, che definisco in Biostoria il processo di democratizzazione della vita, è che una volta che si è aperta la nuova via, il processo non può essere più fermato, solo rallentato a costi altissimi.

sabato 10 maggio 2008

La fuga dei giovani cervelli: il salto generazionale negato


di Antonia Colamonico

A Roma dall’1 al 4 dicembre 1983 venne realizzato il Convegno La Scuola Italiana verso il 2000, a cui parteciparono molti intellettuali che provarono a tracciare le linee del cambiamento storico alle porte del nuovo millennio. Ho avuto modo di leggere nel 1985 gli atti del convegno, pubblicati da La Nuova Italia e tra gli scritti, mi colpì la relazione di Ezio Tarantelli che proprio nell’85 era stato soppresso dalle Brigate Rosse.

Lo studioso con un occhio di tipo biostorico, aveva disegnato, in quelle poche pagine, la cresta storica del cambiamento dal sistema agricolo a quello industriale e poi da questo al nuovo mutamento informatico che in quel momento storico non si era delineato così chiaramente come lo è, oggi, nel 2008.

Il saggio “L’ipotesi del salto generazionale: l’eredità della crisi del ’68 e le trasformazioni produttive e del mercato del lavoro” si apriva con l’identificazione di tre “cervelli collettivi” che si erano succeduti nel corso del 1900. Tarantelli utilizzava due date per scomporre il novecento e precisamente il 1929, crollo della borsa di New York, il 1940, seconda guerra mondiale. Le date aprivano a tre cervelli collettivi, quello della generazione precedentemente alla grande depressione; quello che si trovò a gestire la depressione che favorì i fascismi di destra e di sinistra e infine la generazione nata durante e dopo la guerra.

La generazione prima della Grande Guerra fu quella che segnò il passaggio dal sistema agricolo al sistema industriale, era una generazione con scarsa istruzione e priva di competenze tecnologiche che si trovò ad affrontare il fenomeno dell’urbanizzazione e della standardizzazione del lavoro. Erano giovani che poco si adattavano al cambiamento sia per i livelli di analfabetismo e sia per i trascorsi contadini che li rendevano irrequieti ai cicli e ai turni della catena di montaggio: nel 1912 nasceva il Lingotto a Torino.

Intorno alla catena di montaggio con il relativo taylorismo, secondo lo storico, si giocò la svolta autoritaria, che vide come protagonista la generazione di mezzo tra la Grande Depressione e la guerra. Fu questa che di fatto si misurò con la divisione della forza lavoro in colletti bianchi e colletti blu e con le corrispettive gerarchie di capo reparto, capo ufficio e così via. L’interiorizzazione di un simile ordine che implicava un controllo gerarchizzato del lavoro e della stessa produzione, imponeva, quasi come una scelta obbligata, la gestione autoritaria della società e di qui i dispotismi di destra e di sinistra, che erano stati dei fenomeni di massa, riscontrabili in tutte le nicchie storiche, dalla famiglia, al sindacato, all’amministrazione pubblica, alla scuola, ecc. La generazione di mezzo fu quella che si misurò con la nascita dell’opinione pubblica che spingeva a creare le mode e gli stili condivisi. La divisione del lavoro si poté facilmente attuare essendoci un dualismo, facilmente identificabile, tra chi aveva una preparazione culturale tecnico-scientifica e chi possedeva solamente le conoscenze di base, necessarie per non essere identificato come analfabeta. La differente preparazione giustificava le differenze di ruolo/funzione, fondamentali al mantenimento delle gerarchie.

La terza generazione nata a partire dagli anni ‘40, fu quella che si trovò a beneficiare del boom economico degli anni ‘60 che si tradusse in un’aspirazione ad un accesso più ampio all’istruzione e fu proprio questa che si trovò ad affrontare la crisi del ‘68.

La contestazione giovanile nacque inizialmente come una richiesta di accesso alla cultura da parte dei figli degli operai che male si adattavano a seguire le sorti paterne, nelle fabbriche. Si può definire questo cambiamento un vero salto generazionale che portò ad un disconoscimento della società adulta che era mentalmente autoritaria e lenta a mettere in discussione i criteri e i livelli di organizzazione.

Fu il ’68 a segnare l’inizio della nuova crisi che avrebbe stravolto gli assetti politico-economici, aprendo alla democrazia. L’elemento che fece da molla di svolta fu proprio la liberalizzazione dell’accesso alle università. Ma elevando la cultura, automaticamente crollavano le divisioni tra colletti bianchi e colletti blu e si sfaldava così lo stesso sistema di fabbrica che era stato il perno intorno a cui si era costruita l’organizzazione economico-politica taylorista.

Il cambiamento d’indirizzo, l’autore, lo identificava come il mutamento della distribuzione della forza lavoro tra i tre settori: agricolo, industriale, servizi. Riprendendo uno studio americano, egli vide nella distribuzione della popolazione lavorativa, le radici del cambiamento in atto, ad esempio:

  • Nel 1910 il 45% della forza lavoro Usa era impegnata nell’industria, il 30% in agricoltura e il 25 nei servizi;
  • nel 1940 l’occupazione nell’industria sale al 63% contro un 15% l’agricoltura e un 22% servizi;
  • nel 1960 55% industria, 8% agricoltura, 37% nei servizi;
  • nel 1980 il 37% industria, il 3% agricoltura, il 60% nei servizi.

Approfondendo la sua indagine E. Tarantelli introdusse un ulteriore elemento, l’informazione che generava un dualismo tra servizi tradizionali e quelli avanzati.

  • Nel 1910 il 25% del settore servizi era diviso in un 15% servizi, e un 10% informazione;
  • nel 1940 il 22% era suddiviso in 10% servizi e il 12% informazione;
  • nel 1960 il 37% era per un 10% servizi e un 27% informazione;
  • nel 1980 il 60% era diviso in 10% servizi e il 50% informazione.

Si può cogliere facilmente dai dati che i servizi avevano conservato nel tempo una certa linearità di crescita, ma il vero picco era segnato da quella che è chiamata la società delle informazioni.

Calcolando che tra gli Usa e l’Italia c’è uno scarto temporale di circa 20 anni, quei livelli di crescita da noi si sarebbero registrati intorno al 2000; da ciò l’autore ipotizzava un nuovo salto generazionale alle soglie del nuovo millennio.

I giovani degli anni ’90 avrebbe dovuto affrontare il nuovo sorpasso, ma egli evidenziava un pericolo fisiologico alla stessa democrazia. Nel ’68 la generazione che rivendicò la leadership aveva di fronte una realtà adulta che si esprimeva e si comportava secondo canoni autoritari e quindi facili da identificare come antidemocratici; mentre la nuova generazione del 2000, si sarebbe trovata a fronteggiare una classe dirigenziale che si comportava e si esprimeva da liberale democratico, con modi dialettici apparentemente concilianti e con nessuna voglia a cedere il posso. Egli identificava tale classe genitoriale come una forma di autoritarismo mascherato e in quanto tale più subdolo e pericoloso.

  • La mancanza del salto generazionale intorno al 2000, ha di fatto innescato il ritardo italiano.

Oggi, i cervelli collettivi che si trovano a gestire l’economia, la politica, le imprese, ecc. italiane sono ancora espressione del ’68 e sono legati ad una visione paradigmatica di tipo industriale, mentre la storia si è evoluta verso la società informatica e questa verso la società della conoscenza. I sessantottini che hanno rivendicato per sé il diritto all’istruzione, oggi di fatto lo negano ai loro figli, chiudendo, in nome della crisi di gestione delle università, gli accessi alle facoltà. Ad esempio a Bari l’ateneo scoppia per il numero d’iscritti, dequalificando i corsi di laurea, mercificando le risposte ai test d’ammissione, ma non si aprono altri atenei per amplificare l’offerta. Si parla di un ritorno dell’ignoranza, ma gli investimenti nella scuola sono sempre gli stessi da quaranta anni a questa parte. E, poi, i cervelli che nonostante le gabbie riescono a formarsi, trovano una sordità occupazionale. Oggi c’è la crisi del laureato che non trova un’occupazione idonea alla sua preparazione ed è costretto ad emigrare, verso Paesi più aperti e veramente democratici.

Si può parlare di democrazia bloccata con un ritorno alla feudalizzazione dell’economia e del mondo del lavoro.

Sorgono a questo punto le domande:

  • La crisi della scuola italiana non è forse la scelta politica di chi non vuole dividere o meglio condividere il potere?
  • I giovani non sono forse le vere vittime sacrificali della nuova tirannia pseudo-democratica?

In questo anno che si stanno festeggiando i 40 anni del 1968, necessita riflettere sulla democrazia bloccata: bloccata da chi, arrivato al potere, ha assunto a pieno titolo il potere...



La lettura di E Tarantelli, martire della democrazia, con la sua lungimiranza si presta per avviare una rilettura del ’68 e per fare autocritica in chiave democratica e, quindi biostorica.

Boston, USA

Boston, USA
Visita al MIT, il tempio della Nuova Era

Pubblicazioni e inediti - Antonia Colamonico -

Le Filastrocche di Spazioliberina - Raccolta di poesie, 1992, nel ciclo di Le stagioni delle parole, parzialmente pubblicate in antologie, saggi e testi scolastici vari.

Fatto Tempo Spazio - Premesse per una didattica sistemica della Storia. OPPI – Milano 1993.

Storia - Nuova Secondaria, 15 settembre, pagg. 69-71. Editrice La Scuola- Brescia,1994.

Ed altro – Raccolta di racconti brevi 1994, , nel ciclo di Le stagioni delle parole, parzialmente pubblicate in antologie, saggi e testi scolastici vari.

Il Filo - Raccolta di poesie, 1994, , nel ciclo di Le stagioni delle parole, parzialmente pubblicate in antologie, saggi e testi scolastici vari.

Corso modulare di aggiornamento transdisciplinare. Pagg. 31-33, Oppi Informazione, Milano. Sett.- dic. 1995.

Biostoria scienza e metodo per un pensiero al plurale. Prime carte di viaggio, in collaborazione con lo studio Lananna - Art. Direction Carlo Curci. Ed. Pubblicità e Stampa. Bari, 1997.

Biostoria. Verso la formulazione di una nuova Scienza. Campi, metodi, prospettive. Il Filo - Bari 1998.

L’occhio biostorico e la lettura della Società delle Informazioni –http://www.formanet.it/biostoria - 2000.

Ordini complessi - Carte biostoriche di approccio ad una conoscenza dinamica a cinque dimensioni. Il Filo – Bari, 2002.

Ottimizzare i processi di insegnamento-apprendimento: la scienza e Metodo biostoria. In FIS-CAB, Pag. 3 – maggio-giugno 2003, Bari.

Echi di vita in (“La nostra Storia - Cronistoria della Città di Acquaviva delle Fonti” dei fratelli Martino e Nunzio Mastrorocco, Ed. Summa). 3003

La conoscenza biostorica tra ordini multipli e pensiero complesso. In Pianetascuola, Irfos Bari. Ott.-Dic. 2004. pp. 5-6.

Bio-Informazione: nuove linee per una scienza nuova, in http://www.invisibilmente.it/forum/ - nov. 2004.

Edgar Morin and Biohistory: the story of a paternity. In World Futures: The Jounal of General Evolution, a cura di A Montuori. Vol. 61 - n° 6, pp. 441-469, part of the Taylor & Francis Group - Routledge, August 2005.

Il Pensiero Creativo e il ruolo del futuro nella Dinamica Biostorica: restaurazione e risorgimenti. In Pianetascuola, n° 3, lug.-sett. pp. 3-6, Ed. IRFOS – Bari. 2005.

Cambi di paradigma nell’esplorazione biostorica. In Pianetascuola, Ed. IRFOS Bari, gen.- marz. 2006, pp 18-30.

Alla palestra della mente: Costellazioni di significati per una topologia del Pensiero Complesso. Inedito. 2006.

Dall’esplorazione biostorica alla geografia del Pensiero Complesso, in AA VV, Cultura e Pedagogia della Riforma, pp. 129-140. Ed Cacucci – Bari, 2006.

Le letture biostoriche per una didattica efficace La Classe come Organismo a dimensione uno-tutto. In Pianetascuola, Ed. IRFOS Bari, nov.- dic. 2007, pp 21-25.

Metacognizione e multimedialità: dalla storia alla biostoria. http://www.internetestoria.it - 2008