di Antonia Colamonico (biostorica)
Nel mio libro - Fatto tempo spazio - del 1993, parlo del passaggio da una storia da leggere ad una da vedere.
La crisi finanziaria che oggi ci attanaglia, è il risultato di logiche affaristiche e egoistiche che motivate da un forte utile immediato, hanno impantanato l’economia in una crisi produttiva senza precedenti. È stata la costruzione di un castello di carta che è imploso su se stesso.
Gli stati allora stanno cercando di intervenire con manovre che apparentemente sembrerebbero indolore: gli stessi governi sono a finanziare le banche per ripristinare il credito.
Se la logica vuole che chi ha sbagliato paghi, di fatto si sta mettendo in moto una politica che va a rifinanziare proprio coloro che hanno attivato il disastro, per ingordigia.
Ricordo un industriale che chiacchierando del più e del meno, mi raccontò, con animo serafico, di avere escogitato un modo per aggiungere plus valore ai suoi utili: giocare in borsa. Aveva infatti scelto di pagare l’IVA in un'unica rata a fine anno, per avere una liquidità da rinvestire. Ora poniamo che i suoi titoli siano crollati, egli si troverebbe con uno scoperto. Immaginando che tale gioco sia stato attuato da molti e molti industriali, si capisce bene come la crisi finanziaria sia divenuta produttiva.
È bene sottolineare che le perdite in borsa non hanno colpito i piccoli risparmiatori che non possono speculare, ma la media e grande borghesia: industriali, manager, politici, personaggi dello spettacolo, giornalisti… e quanti altri abbiano un reddito tale da poter reinvestire.
Gli interventi degli stati, quindi, andrebbero a salvaguardare gli stessi interessi della classe dirigente.
Ma il denaro è un insieme finito, cioè ha un tetto-membrana che lo rende limitato; come la pelle rende limitato il corpo. Allora se il denaro è un finito, come potrebbe esserlo una coperta, se viene tirato da un lato, si accorcia dall’altro; per cui in tali giochi c’è chi si arricchisce e chi si impoverisce.
Osservando in tempo reale, come un tutto la storia, tornano alcune visualizzazione passate che si fanno linee di futuro.
La forte pressione fiscale imposta nel tardo romano impero mise in moto la fuga dalle attività, tanto che Diocleziano impose l’obbligatorietà ed ereditarietà dei mestieri da padre, in figlio e nipote, per cui una volta fissata l’imposta sul mestiere e non sul reddito o si svolgeva o non si svolgeva l’attività dei padri, bisognava pagare la tassa.
Gli storici indicano in ciò il vero inizio del feudalesimo. Diocleziano fu lo stesso imperatore che fece la carneficina dei cristiani nel 3° secolo.
Se il denaro è un finito, se viene speso da qualcuno, viene accumulato da qualche altro, infatti si parla di flusso della moneta.
In un mercato nazionale il flusso è circoscritto dalla stessa area di frontiera, per cui si attua un feed-back che rende stabile il sistema, poiché ci saranno sistematicamente dei ritorni di equilibrio. Ma se il mercato si fa mondiale allora non è più scontato il ritorno di moneta, o meglio il tempo del ritorno si dilaziona. Nell’ultimo periodo dell’impero romano, a Roma, ci fu un depauperarsi della attività produttiva a vantaggio delle manifatture orientali: diminuendo il lavoro, automaticamente diminuì il reddito e con questo l’entrata erariale.
Anche oggi vi è un flusso di moneta che non permane negli stati, ma viaggia da occidente in oriente, nella sola città di Prato si invia circa un milione di euro al giorno in Cina, tanto che ciò è divenuto un caso nazionale. Il non ritorno della moneta crea instabilità e precarietà.
La ruralizzazione dell’occidente nacque dal bisogno di tamponare la crisi produttiva, per cui si crearono una serie di gabbie per garantire le entrate dello stato e si trasformò il pubblico in privato. Cercando di capire con un esempio, non si da il contributo direttamente a chi ha bisogno, ma ad un intermediario che paga un diritto d’uso, in cambio di una licenza per riscuotere a sua volta una balzello. La privatizzazione dello stato produsse la lottizzazione e l’egemonia feudale, con relativa scomparsa dello stato di diritto.
È significativo che Roma, colei che aveva fatto della legge la sua carta vincente, abbia attivato lo stato delle consuetudini e delle caste.
Il sistema di gabelle, pedaggi, dazi… affamò le popolazioni. Si pagava per tutto e su tutto. Le folle furono ridotte in servitù della gleba e in uno status di totale ignoranza, per renderle incapaci a ribellarsi. La scuola primaria era obbligatoria per i romani, infatti tutti, poiché cittadini, dovevano saper leggere, scrivere e far di conto.
Nei secoli bui si ebbe la moria degli uomini, scomparve circa 2/3 della popolazione europea.
Gli stati, oggi, stanno decidendo di finanziare le banche che a loro volta, si spera, finanzieranno le imprese che poi, pagheranno i salari. In questa catena di processo lineare, sulla carta, si possono però innescare delle contraddizioni:
- Le banche finanzieranno le imprese o saneranno i loro bilanci?
- Le imprese pagheranno i salari e a quali operai?
- Si è sicuri che non si useranno i soldi dello stato italiano per pagare la manodopera a basso costo in Asia, peggiorando la fuga dei capitali?
Sui giornali è apparsa di straforo la notizia della privatizzazione dell’acqua corrente, oltre a quella minerale. Certo lo stato dovrà da qualche parte cercare le risorse; ma ciò, se è vero, permetterebbe la mondializzazione dell’acqua italiana, la cui proprietà passerebbe dallo stato, alle multinazionali. Queste ponendosi come società sopranazionali, guardano al flusso della moneta su scala mondiale e agiscono in virtù di un utile, senza nazionalità. Per cui se gli italiani si dovesse trovare nell’impossibilità di pagare il prezzo dell’acqua, così come avviene in Africa per i diamanti, o il petrolio; quelle sarebbero autorizzate ad inviare le nostre risorse idriche in altri mercati più ricchi. Certo l’acqua è un bene di tutti, ma dovrebbe essere garantita a tutti e solo uno stato democratico con le sue leggi, può fare rispettare il diritto alla vita, essendo l’acqua un bene primario.
- Siamo dunque di fronte ad una inversione di tendenza che sta aprendo al nuovo feudalesimo? Si preannunciano nuovi tempi bui con relativa moria di uomini, l’Africa insegna.
- Sentirsi parte di un tutto che ci fa essere dei finiti/infiniti!
- Passare dalla logica dell’utile a quella della gratuità, che si fa cittadinanza della vita.
- In ciò San Francesco potrebbe essere maestro!
3 commenti:
Grazie per queste tue riflessioni Antonia. Hai reso con semplicità l'immagine dell'economia: è una coperta che non si può tirare troppo da una parte. E dispiace che Obama sia costretto a dar soldi alle banche, maggiori responsabili del disastro. Ma forse la guuerra non è persa se non ci facciamo scippare l'acqua. Alex Zanotelli ce lo dice da tempo.
complimenti, bellissimo post!! il punto nevralgico è proprio questo...l'impero Romano si può paragonare all'egemonia cultural-economica capitalista globalizzante. non ritengo però fattibile la riconquista di profili "etici" da parte dei singoli cittadini, bensì l'imposizione di tassazioni di "responsabilità sociale di impresa" da parte di reti di cittadini e quindi dai governi, in una sorta di protezionismo verso le disfunzioni delle multinazionali (così nelle rendite degli investimenti finanziari, anche se questi andrebbero del tutto aboliti!!). cosa mi dite del ruolo dei flussi migratori (o dell'estensione della cittadinanza romana alle province più esterne) nel ruolo della fine dell'impero romano?
Bravissimo, appoggio in pieno, io sono un economista e non uno storico e sostengo a gran voce che la rivoluzione industrilae e' stata un fallimento e' nata con l'obiettivo di migliorare la condizione umana ma di fatto, alla lunga, la sta solo peggiorando. Fermiamoci finchè siamo ancora in tempo, prima che il conto diventi troppo salato, saranno le future a generazioni a pagarlo mentre noi ci culliamo, o meglio ci siamo cullati in questa illusione di benessere (lavorando come dei matti per avere la TV nuova).
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