PDF - Antonia Colamonico. Costellazioni di significati per una topologia del pensiero complesso. Il Filo, 2006.
Dal greco u topos (= non luogo), esso è lo spazio definito da T. Moro nel 1516, quando scrisse Utopia con il significato del luogo che non c’è, per poter ipotizzare un modello di una società perfetta. Prescindendo dal valore della sua opera, la posizione utopica appartiene ad ogni uomo e a ogni Società, ogni istante in cui l’azione tende al miglioramento della società.
Essendo l’ipotesi e non lo stato di realtà l’area utopica rientra nel campo dell’immaginazione-visione[1] e non in quello del reale; l’utopia apre alle probabilità ampie di costruzioni, che rendono le progettazioni del futuro aperte a più linee evolutive che daranno le particolari forme alle nicchie della spugna storica.
Nello spazio utopico l’io si pone nella condizione di egli; cioè del terzo occhio di lettura che non si limita ad osservare gli stati dell’io o quelli del tu come processi indipendenti; ma, sa elaborare le ricadute storiche degli eventi, come il gioco dialogico di un io e di un tu che insieme si vincolano.
Tale capacità della mente a costruirsi come terzo occhio, presuppone un salto di livello di conoscenza in cui la dialogica io/tu si dilata in un tempo infinito, qui le opposizioni si stemprano nei dialoghi tra un io/tu, senza tempo, senza fine, senza età, che ingloba tutta quanta l’umanità.
Il concetto di umanità nasce da tale disposizione di lettura che permette il passaggio da una lettura immanentista ad una illimitata, cioè che va oltre il piano di realtà e si apre a quello di universalità.
Per essere più espliciti, l’osservatore in una tale posizione di lettura, si pone come un occhio neutro, sereno, perché esterno alla dinamica e guarda l’organizzazione delle risposte emittente/destinatario nella comunicazione non circoscritte ad un tempo-spazio limitato, bensì proiettate verso uno spazio-tempo infinito. È la linea della saggezza che apre alle verità comuni della storia. È la posizione che lo fa essere Isaia il profeta del Regno di Dio.
Le tre zone di lettura fanno assumere al pensiero una triplice responsabilità storica nei confronti di se stesso, del mondo e di Dio:
- Il soggetto osservatore-attore-abitante della scena storica, con lo spazio topico, si pone nella vita e apprende le ragioni e le emozioni intorno al sé, come un io in grado di sentire, agire, pensare… In tale fase si costruisce come un’identità svincolata dal campo-habitat che costituisce la sua nicchia storica di libertà. Elabora la visione intorno a se stesso, imparando a rispondere in funzione delle sue ragioni e delle sue emozioni.
- Nello spazio atopico, egli inizia ad elaborare la realtà del fuori-io, come quello spazio di osservazione che è posto di fronte e che si presenta come un diverso dall’io che lo limita e lo condiziona, creandogli gli stati di ansia e di gioia. L’altro è visto come il co-attore della sua stessa nicchia storica. Si pensi ad un rapporto di coppia, marito/moglie in una nicchia-casa. Il marito nell’azione vitale perturba la moglie e questa si adegua, perturbando a sua volta come effetto di ricaduta del suo agire, il marito. In tale vincolarsi, essi si annodano come in un abbraccio amoroso, elaborando di volta in volta le risposte alle provocazioni, in tempo reale.
- Il terzo occhio, posizione utopica, si pone come l’uscita dal campo relazionale ristretto, ad esempio marito↔moglie reale per aprire lo sguardo ad uno spazio-tempo allargato, in cui si elabora il significato paradigmatico di rapporto marito/moglie. È la visione del campo Tutto, come campo infinito, che pone le categorie concettuali da cui nascono i modi condivisi di marito e di moglie, che permettono le astrazioni concettuali[2] e i giudizi locali.
Il vivere impone al soggetto osservatore-attore-abitante di dover rispondere alle perturbazione di eventi. Le risposte, essendo complessa la vita, rendono i giochi di costruzione complessi (spugna storica), poiché portano ad esercitare una pluralità di ruoli, in una varietà di nicchie storiche.
Si pensi alla molteplicità di ruoli che un uomo può assumere, ad esempio, di padre nella nicchia casa; di impiegato in quella ufficio; di sportivo in quella club di squadra, di fedele in quello di parrocchia e poi nello stesso ambiente si apre ad una molteplicità di sfaccettature di ruolo, ad esempio nello spazio famiglia di marito, genitore, fratello, cognato, figlio, genero...
Ogni soggetto in tali diversità di funzioni si elabora in un io-multiplo che si pone su un piano cognitivo complesso, lontano dall’io frantumato e scisso, precedentemente definito.
Il soggetto io, sa di essere un uno (posizione topica) insieme a dei tu (posizione atopica) in un tutto(posizione utopica). È questa la consapevolezza che porta a sapere di essere un finito in un infinito. In tale prospettiva dialogica a campo profondo, l’io sa che la sua azione è vincolante dal tu che cade sotto i suoi occhi e dai tu che verranno dopo di lui, di cui ne sente la responsabilità e la paternità storica.
È il terzo occhio che permette alla coscienza di comprendere come l’azione attuata in ogni tempo 0 di presente avrà una ricaduta che si perderà nel tempo infinito della storia.
Tale dilatazione della coscienza è importantissima nella costruzione di futuro, oggi si è ad un livello di conoscenza così elevato, poiché gli uomini e le donne che ci hanno preceduto, hanno elaborato e astratto modelli di Società che costituiscono la realtà di questo tempo presente. Senza la terza posizione di lettura non può esserci il mutamento nella Storia.
Il terzo livello di pensiero è lo spazio mentale in cui, nel gioco comunicativo, si attua il passaggio da una struttura di coscienza piana, ad una tridimensionale a campo profondo. Riflettendo su tali tipologie di spazi si può comprendere che in uno spazio bidimensionale si può procedere solo in avanti e in dietro, a destra o a sinistra come le due dimensioni della larghezza e della lunghezza; mentre in uno spazio tridimensionale si abbina la profondità con il poter andare in su e in giù.
Il poter cambiare l’asse del movimento, permette il ribaltamento della posizione di lettura, il rovesciamento dell’occhio, poiché si può osservare dal basso verso l’alto e dall’alto verso il basso, oltre che a destra e a sinistra, in aventi e indietro.
Il gioco delle angolazioni descritto rende il pensiero aperto ai differenti punti di vista. Si pensi alla dinamica del volo, che è un livello più complesso della dinamica del camminare.
Se si osserva un gabbiano, alto in cielo, quello che colpisce è la libertà del movimento che gli permette di planare nell’aria. Dal volteggiare degli uccelli è nato nell’uomo lo studio del volo che ha portato a viaggiare nello spazio, si pensi agli studi di Leonardo da Vinci. L’occhio-egli come dimensione del volo è quello della libertà della coscienza che permette di librarsi nello spazio-tempo infinito. Il planare è lo stato di serenità che fa guardare con occhio compassionevole le singole problematiche dell’io e del tu nella quotidianità della vita.
È la dimensione che fa intendere la grandezza cosmica del vivere. È l’occhio della leggerezza dell’essere che fa sentire l’io una particella di infinito, disinteressata e aliena nei confronti delle logiche politico-economiche del tempo 0 che tendono ad ingabbiare nei conformismi.
L’elaborazione di un pensiero a simile struttura complessa implica, nell’azione d’esplorazione della realtà, la facoltà del ribaltare i significati e del dissolvere le opposizioni dialettiche, in quanto è la condizione in cui si sviluppa a logica connettiva in cui si annullano le differenze dicotomiche dei significati: entrare o uscire… salire o scendere… causa o caso…
Per poter comprendere l’elaborazione del pensiero connettivo che sostituisce i connettivi disgiuntivi con i coordinativi (e…e, sia…sia…), necessita riflettere sul legame osservato-osservatore e sul rapporto definizione-posizione di lettura.
I significati si sviluppano in rapporto alla tipologia di spazio mentale in cui la mente si muove. Le parole assumono espressioni differenti in funzione della struttura mentale edificata dal soggetto osservatore:
- se ci si muove in uno campo mente a struttura piana, come potrebbe essere un cerchio, ad esempio entrare e uscire sono letti come due azioni in antitesi l’una dell’altra.
- se osservati in uno spazio mente a campo profondo sono sinonimi, poiché non è in loro la differenza di valore essendo l’azione neutra, ma nella posizione dell’occhio letture che in rapporto al punto-luogo di osservazione, attribuisce il significato. Ad esempio se Giovanni varca la soglia dell’aula, per chi è nell’aula lo vedrà entrare nella propria stanza, per chi è fuori dall’aula lo vedrà uscire dalla propria stanza. Quindi la differenza non sta nell’azione che è unica, ma nella posizione dell’osservatore che va a definire l’entrare e l’uscire di Giovanni, in relazione alla sua collocazione nello spazio. La diversità entrare/uscire nasce solo dal punto di posizione da cui si osserva il movimento di Giovanni.
Il punto-luogo di posizione dell’osservazione si chiama paradigma. Il paradigma svolge il compito storico di tenere coeso l’io nella coscienza. Esso si può paragonare alla cerniera-cardine di una parta che le permette il movimento di aperto/chiuso.
Il paradigma è il principio sovra-logico che fa da sfondo all’azione storica, indirizzandola ai si e ai no, dei significati e delle conseguenti azioni.
Questa, fin qui tracciata, è la topologica della mente a campo profondo, in una geografia di Pensiero complesso.
Imparare a leggere sulle diverse posizioni permette di comprendere le differenze delle valutazioni storiche. Se io, ad esempio, sono il campo Penisola Italica e ricevo l’azione di Annibale, questa invasione è un caso aleatorio che sconvolge la mia realtà, invadendo il mio spazio vitale, quindi è un male. Viceversa se sono Annibale che vuole invadere Penisola Italica, l’azione è una causa che prende corpo da una determinata visione di futuro, è un bene. Si deduce che il bene/male non constata nell’invasione, che è un’azione neutra. L’incomprensione nasce semplicemente dalle linee di futuro dei soggetti che aprono ai paradigmi storici differenti che fanno da sfondo all’azione.
Il paradigma si pone come lo spazio etico d’azione, registrato nella memoria: l’eco-storico. L’eco è la rete informativa in cui ogni evento-risposta alla vita va ad annodarsi, ora l’attribuzione del significato che, evento per evento, viene codificato, si misura costantemente con tutto l’insieme registrato nella memoria ed è da quanta che nasce l’elaborazione del significato storico, quale giudizio di valore.
Ogni azione nel suo attualizzarsi ha in sé un’informazione-emozione che si deposita nella memoria storica, da tale deposito, quale patrimonio di significati, prende spazio la posizione di lettura. Se la mia mente personale e sociale è piena di vuoti di fame, quali aspettative non realizzate, io darò una risposta positiva alla definizione di invasione; se al contrario la mia spugna è ricca di creste di attuati, compiuti, saziati, l’invasione è un male che perturba lo stato d’equilibrio. Se l’invasione come azione limita il campo Penisola Italica, il campo a sua volta limita Annibale e di qui la guerra.
La logica d’infinito, come occhio di Dio, legge il ribaltamento delle risposte e in tale azione, lega le responsabilità in un rapporto duale, non oppositivo, bensì collaborativo, in cui l’io è ridimensionato e alleggerito del peso storico; così pure il tu. Ma l’essere alleggerito non vuol dire essere svincolato dalla responsabilità storica.
L’uomo egocentrico dell’Umanesimo-Rinascimento, considerandosi centro della Storia, ha nel tempo perso la misura del campo, che non avendo valore in sé, ha finito col divenire il luogo dell’indifferenza e dello scarto. Si pensi alle differenti forme di inquinamenti, come cattiva attenzione per il campo-habitat nelle azioni.
L’uomo eco-biostorico, secondo un paradigma di complessità, si sentirà ego-con-partecipe, ego-con-responsabile della vita, poiché saprà che ogni sua azione, metterà in moto un effetto di ritorno di evento, quale risposta alla sua azione.
La ricaduta dell’effetto sulla causa, limita l’azione e nel limitarla la indirizza verso una scelta di più vita. Forse se Annibale avesse avuto un simile occhio, avrebbe compreso in anticipo il prezzo che la storia gli avrebbe fatto pagare, e forse avrebbe desistito dall’invasione. Il forse è d’obbligo, in quanto indagando sui vuoti di spugna, quali stati immaginativi, le reali dinamiche emotive e cognitive, sono ignote ed essendo tali non possono essere chiuse e assolute le letture.
[1] Il termine immaginazione non è qui usato nel senso di fantasioso o di fantastico, ma nel senso di forma, come acquisizione di un’immagine che si presta a diventare realtà. Le stesse scienze sono il risultato di immaginazioni che hanno finito col dare corpo alla realtà. Se non c’è immaginazione non può avvenire l’appropriazione del mondo nella conoscenza; è quella dialogica dell’universo nell’Io e dell’io nell’Universo di cui parlano i teorici della complessità. E. Morin, Verso il pensiero complesso, op. cit.
[2] L’astrazione permette di elaborare una serie di discorsi che vanno altre il piano della concretezza: se bevo una tazza di latte freddo, sto compiendo un’azione concreta, se invece elaboro le proprietà del latte contenute in una tazza, sto andando altre il piano del concreto e sto analizzando una serie complessa di relazioni che mi permette di parlare di lattosio, di glucosio… La capacità ad andare oltre il piano del vedere è stato possibile perché c’è stata un’elaborazione che ha fatto astrarre la realtà, dandole una veste concettuale. Le astrazioni aprono alle nuove visioni della stessa realtà.
http://occhiobiostorico.blogspot.com/2010/04/pdf-antonia-colamonico.html
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