di Antonia Colamonico (biostorica)
Il disastro del terremoto sta mettendo il luce una molteplicità di contraddizioni e inadempienze che hanno inciso sull’ampiezza dei crolli e il numero di morti. I fenomeni naturali sono gli effetti di un pianeta che vive, in quanto il processo evolutivo del sistema Terra è legato allo stesso processo biostorico come una dinamica aperta, in continua riorganizzazione per effetto stesso del perturbarsi dei quanti storici.
I terremoti fanno parte della storia e regolarmente nel tempo si sono attuati eventi che hanno fatto misurare l’umanità con la sua piccolezza e con i suoi limiti, ma sono stati proprio questi a fare accrescere la conoscenza.
L’ampiezza delle azioni umane nella storia è proporzionale alle capacità di lettura dei fenomeni. Ma se il terremoto fa parte della vita, non sono del tutto naturali i crolli e i disastri che ne conseguono. Le immagini che sono pervenute dall’Aquila, mostrano una varietà di situazioni: palazzi interamente implosi, altri parzialmente segnati dal sisma e altri del tutto indenni.
Si impongono inevitabilmente delle domande:
- Come mai alcuni palazzi anche di recente costruzione non hanno resistito, mentre palazzi antichi di secoli sono rimasti in piedi?
- Perché palazzi di una stessa epoca hanno risposto in modo differente al sisma?
- Perché le macerie mostrano lo sbriciolamento dei muri?
- Come mai, nonostante le svariate premesse alla scossa delle o3, nessuno abbia fatto dei sopralluoghi?
- Perché nelle mappe geologiche regionali l’Aquila da area 1 sia passata ad area 2, con le relative conseguenze sui criteri di fabbricazione degli edifici?
- I morti potevano essere salvati?
- Chi pagherà lo strazio nei cuori?
- Dio dov’era quella notte?
Leggendo con occhi biostorici la dinamica della vita, essa, vista come un sistema unico, una struttura a spugna con creste e vuoti. I vuoti sono i processi non attuati, che non hanno avuto futuro, mentre i pieni sono le dinamiche che si sono concretizzate, che hanno preso storia, come l’occupazione di uno spazio-tempo.
Proprio perché il processo storico è vitale, esso è un sistema che prende aspetto-forma nello spazio-tempo, la forma è una sagoma che topologicamente può assumere vari contorni, si pensi alle foglie di uno stesso ramo; ogni foglia ha una sua particolarità che la rende unica. Lo stesso può dirsi degli uomini, ognuno ha una suo profilo che lo distingue. Ogni diversità è il risultato di una scelta-selezione di risposta alla vita, vista questa come la dialogica individuo/campo.
L’autogoverno del sistema vitale, a tutti i livelli cosmici, consiste nella capacità di ogni elemento ad organizzarsi in relazione ad una pluralità di scelte. Alla base di ogni scelta vi è la libertà del sistema di dire si o no ad una certa tendenza o linea di vita. Le linee costituiscono le trame storiche che aprono, gli echi di passato, ai futuri storici.
Il processo vitale è dunque un’auto-costruzione che procede, inevitabilmente, dal passato al futuro, mediante il tempo 0, il tempo del presente. È il presente, come l’attimo vitale, il tempo della scelta che facendo da nodo o punto di svolta, chiude ad una dinamica e apre ad un'altra. In tale gioco di chiusura/apertura si compie la vita, come vuoto/pieno della spugna storica; per cui leggendo la dinamica della vita, essa procede per linee-trame che in ogni istante di presente, sono in bilico tra la vita e la morte.
Si può facilmente comprendere l’importanza esistenziale del tempo 0, poiché è dalla scelta selezionata in ogni dato momento storico che la dinamica prenderà forma o perderà forma: il prendere equivale al vivere, il perdere al morire.
Se la vita si scommette tutta nel tempo 0 di presente, allora imparare ad anticipare le linee di futuro è il compito storico di ogni vivente, se si vogliono ampliare le possibilità vitale.
Ritornando al terremoto dell’Aquila, sta emergendo un’incapacità storica del Sistema Italia, che non consiste nel non saper anticipare le dinamiche future, ma nel non saper interiorizzare le ipotesi vitali, tanto da farne scelte inevitabili.
Gli studi, le norme e le possibili tecnologie da introdurre per limitare i danni dei disastri ci sono, ma manca la coscienza civica che faccia fare un salto di qualità nelle risposte storiche.
Sta emergendo come logiche miopi abbiano indirizzato le scelte edilizie, per cui il bene delle comunità abruzzesi è stato posto in secondo piano, rispetto al bene di quei pochi che hanno fatto dell’utile immediato l’oggetto di culto: il male che trionfa sul bene!
Se verrà dimostrato che la sabbia del mare è divenuta cemento; che le insistenze degli imprenditori edili hanno imposto la variazione di area geologica; che il culto del quieto vivere ha reso ciechi gli addetti al controllo; infine che esistono delle connivenze malavitose tra la classe dirigente e quella imprenditoriale; allora non è Dio che è stato assente, ma è l’uomo che è delinquente.
- La libertà, come libero arbitrio, ci pone di fronte alla scelta del bene o del male, in ogni attimo vitale e se è vero che si può scegliere, è anche vero che dalla scelta attuata partirà la particolare linea di futuro con la conseguente ampiezza di vita/morte.
Il bene di pochi ha imposto il male ai molti, questo sembrerebbe emergere dagli effetti della catastrofe, ma ciò in una società che si autodefinisce democratica non è accettabile; se, poi, con la ricostruzione saranno quei pochi a prendere in mano l’iniziativa, allora si può parlare di una vera logica del male, funzionale a se stessa, che agirebbe da Leviatano nella storia.
Il male si irraggia nella vita, prende corpo, produce i suoi effetti necrofili che allargano lo stato del vuoto nelle trame della storia.
- Se ogni azione assume uno spessore storico in grado di influenza il futuro, cosa si aspettano, ora, i cittadini dallo Stato?
Lo Stato per definizione ha il compito di garantire la vita secondo quel principio naturale che è a fondamento della stessa relazione sociale. Se la classe politica non è in grado di garantire ogni vita, allora è bene che tale classe vada a casa. Ma osservando meglio, se lo stato è il riflesso dei suoi cittadini è ora che si crei una nuova coscienza civile che faccia assumere ad ognuno la propria responsabilità storica, che faccia capire che il fondamento della vita non è l’utile o il guadagno facile, ma il bene comune, come rispetto di sé, dell’altro, della natura, di Dio.
La saggezza nell’azione crea, con la corrispondente responsabilità storica, la fonte vera dell’utile che non ha una semplice valenza economica, misurabile in termini di ricchezza materiale.
- A cosa servono gli armadi pieni di beni, i palazzi estivi ed invernali, le tavole imbandite?
- Quale è il senso della vita?
- Quanta povertà c’è nella ricchezza e ricchezza, nella povertà?
Sono questi i nodi su cui oggi siamo tutti chiamati a riflettere e la capacità a saper dare risposte implicherà l’assunzione del valore storico che farà essere protagonisti della vita.
Confesso che come insegnante ho avuto difficoltà, dopo la lettura dei quotidiani, a parlare ai miei alunni di legalità, troppo spesso i fatti smentiscono le parole che si fanno così chiacchiere: i giovani sanno leggere la coerenza nei fatti. Questa è la vera crisi della scuola! Lo scollamento tra il mondo delle parole e quello delle azioni.
- Come si può dire ad un ragazzo sii onesto, se tutto intorno la disonestà è premiata!
La vista del disastro mi fa piangere sul dolore e nel contempo pensare alla povertà di quel costruttore che ha speculato sul cemento e ha incassato del denaro che non gli era dovuto; come egli oserà guardare negli occhi il figlioletto che magari ha perduto il compagno di banco nel crollo?
E quel funzionario che ha taciuto, magari incassando la tangente, come potrà addormentarsi dopo aver visto le lacrime di tutte quelle mamme!
Quali parole essi diranno a se stessi per mettere in ordine la coscienza e quanti tranquillanti saranno costretti ad ingerire per zittirla!
Penso a quanta piccolezza viene fatta passare per virtù e a quanta grettezza per atto di coraggio o a quante volte è deriso chi sceglie la via dell’onesta. A quanto dolore è attribuito al fato avverso e non all’indirizzo sbagliato della propria scelta storica.
La lettura in chiave biostorica degli eventi abruzzesi mostra in tutta la sua nudità la povertà dell’uomo che se vuole vivere è obbligato a scegliere il bene e solo in ciò consiste il suo riscatto umano.