L’approccio metacognitivo all’informazione implica l’apertura di due campi di ricerca che si pongono in un rapporto a feed-back, per cui una variazione, in uno dei due, implica automaticamente una perturbazione con relativo cambiamento nell’altro. Entrare in tale reciprocità dei due spazi d’osservazione presuppone, da parte dell’osservatore, la capacità a saper sdoppiare l’occhio di lettura per imparare a leggere il dentro/fuori campo, insieme. I due campi sono così esplorati in simultaneità, permettendo le registrazioni con relative interpretazioni delle inter-dipendenze che permettono gli adeguamenti reciproci che, evolvendo i campi, li rendendo vitali.
- Quali sono i due campi di ricerca che si modellano vicendevolmente, in un’indagine metacognitiva?
Sul piano mentale, se si parla di un dentro/fuori, si possono percepire due spazi posti uno di fronte all’altro, divisi da una linea-membrana di confine. I due luoghi presuppongono la presenza di due realtà distinte che a prima vista si presentano come slegate e scisse; poi, ad una più attenta osservazione, esse, con un effetto a specchio, inizieranno ad armonizzarsi, insieme, dando luogo ad un’unica realtà con un grado superiore di complessità: si pensi ad una evoluzione a nube, in cui l’umidità e le correnti danno luogo alla nuvola.
L’acquisizione della seconda tipologia di realtà, la nuvola, implica l’organizzazione di un occhio di lettura che sappia snodarsi in una successione di fotogrammi, di tipo filmico. È importante puntualizzare che, se la conoscenza è vista come la capacità a fermare in un’immagine-definizione la realtà, questa si allontana; mentre, se la conoscenza è un accompagnare, momento per momento, la realtà, questa si mostra in tutta la sua bellezza. La differenza si pone come il superamento della visione classica di conoscenza, che tendeva a rendere assolute e definitive le letture, con i relativi irrigidimenti ideologici.
In un’indagine metacognitiva il dentro/fuori è costituito dallo stesso osservatore, quale spazio interno all’occhio di lettura, e dal campo esterno come il luogo che si presta ad essere interpretato e acquisito. Tale capacità duale di lettura implica l’apertura di due spazi di osservazione: la mente, come capacità dell’uomo a costruire significati storici e l’habitat, come la nicchia storica che si presta ad essere esplorata.
Parlando di organizzazione multimediale, col pensiero si và alla Società Informatica, che A Toffler, come profeta di tale era, definì terza ondata; precisandone il valore storico, come il momento più alto per l’umanità dopo l’invenzione dell’agricoltura. Egli sostenne che la mente non era in grado d’immaginare quali sarebbero stati gli effetti, poiché venivano stravolte le mappe cognitive.
Lo stesso Toffler, aprendo ad una nuova figura di storico, il futurologo, intuì che l’utilizzo in massa del PC con i relativi sistemi comunicativi, avrebbe implicato una completa riorganizzazione del pensiero. Egli sottolineava che l’abbattimento del tempo di trasmissione dell’informazione, il tempo 0, avrebbe moltiplicato in modo esponenziale le possibilità di scelta nell’azione, per cui il sistema informatico sarebbe imploso, per effetto di crisi da iperscelta che avrebbe finito col paralizzare l’azione, a meno che la mente non si fosse riorganizzata, permettendo la gestione della complessità. Le intuizioni di Toffler assunsero una dimensione scientifica con gli studi di E Lorenz sull’effetto farfalla. Lo scienziato, studiando i modellini di sviluppo dei sistemi nuvolosi, comprese il legame di dipendenza, nelle dinamiche evolutive, dalle variazioni minime che, ponendosi come errori, biforcano i sistemi. Le biforcazioni a loro volta implicano la perdita di memoria della dipendenza che si traduce nella formazione di due realtà differenti.
Per comprendere il cambiamento nell’ottica di lettura, si potrà riflettere sulla differenza tra un processo dinamico a linea ed uno a salti:
- In quello a linea, la dinamica si snoda seguendo una visione di tempo continuo, per cui da una causa scaturisce un effetto solo, facile da intuire.
- In una visione a salti, l’osservatore potrà confrontarsi con una visione a tempo discreto, discontinuo, fatto di vuoti e pieni, intesi come le fasi alterne di disordine e di ordine che implicano il tempo dell’attesa e il tempo dell’evento. Di difficile previsione, questo, poiché la costruzione della risposta comporta la presenza di un grado d’ignoranza, come zona d’ombra, che rende aperto a più soluzioni il sistema.
Il passaggio da una lettura continua ad una discontinua è alla base dell’organizzazione multimediale, poiché si esce da una visualizzazione di tipo lineare-sequenziale tipica ad esempio del manuale scolastico, in cui la lettura segue lo snodarsi di parole e periodi, ordinati da un emittente-scrittore, e si entra in un’organizzazione a costellazioni semantiche. Le costellazioni di informazioni, superando gli stessi vincoli disciplinari, pongono i dati come quanti informativi che si prestano ad un clic come nodi-caldi, aprendosi come in un reticolo a sempre nuove maglie di informazioni, tra loro interconesse.
L’organizzazione del pensiero, in una esplorazione lineare, non può essere definita simile a quella di una mente che si muove in un ambiente multimediale, poiché si è in due differenti topologie mentali che vincolano in modo diverso la stessa ricerca: la prima è uni-dimensionale, la seconda è pluridimensionale; la prima più lenta, la seconda più veloce.
Osservando meglio i fattori del cambiamento, si può constatare che il passaggio dall’una all’altra struttura fa mutare il grado di libertà del soggetto lettore, in quanto si passa da un ordine rigido, precostituito, in cui è richiesto un semplice asservimento al significato preposto, ad uno libero in cui la successione non è scontata, ma aperta a dei percorsi diversificati di ordini informativi multi-disciplinari. Volendo semplificare, si pensi alla differenza nello studio su un fenomeno storico tra la lettura di un testo cartaceo e la navigazione in internet. La domanda da cui partire per elaborare la topologia del nuovo pensiero è: cosa cambia dal punto di vista mentale ed emotivo?
- Nel primo processo eslorativo, a libro, uno studente ad esempio dovrà seguire la successione e le giustificazioni d’evento selezionate dallo storico che scrive nelle pagine, non l’oggettività storica, ma il suo personale ordine storiografico, che è il risultato di un privato disordine cognitivo che ha preso ordine informativo nella pagina. Al lettore, in un simile contesto, si richiede semplicemente di memorizzare la versione storica elaborata e, o di condividerla passivamente, o rigettarla, elaborando a sua volta un nuovo ordine storiografico. Sotto il profilo emotivo si elaborano due tipologie di stati d’animo: uno di estraneità e di passività con relativa superficialità; l’altro di contestazione, con connessa esclusione dell’altra possibilità storiografica. E Morin sostiene che in ciò consiste la nascita di un pensiero che esclude la diversità, divenendo pregiudizievole.
- In un’organizzazione multimediale, invece, si passa dalla semplice lettura al viaggio e con questo si introduce l’incognita del punto di vista finale. Cercando di chiarire meglio, svincolando l’occhio lettore da un ordine già dato, sarà egli a fare ordine e in tale possibilità, sperimenterà la scoperta del significato storico. Significato che, non essendo predefinito e preconcetto, si presterà ad una molteplicità di sfaccettature che ne costituiranno la sua plasticità. La scoperta della plasticità del pensiero è senza ombra di dubbio la vera grande rivoluzione dell’Era Informatica.
L’intuizione di A Toffler, oggi, si pone come una realtà storica, poiché la possibilità di smanettare, intorno ad un campo così ampio di informazioni da sembrare infinito, ha permesso il passaggio al pensiero complesso, in grado di organizzarsi in simultaneità su più ordini informativi.
Per comprendere il mutamento bisogna confrontarsi, ad esempio, con due tipologie di spazi, si pensi ad una forma bidimensionale, il cerchio, e ad una tridimensionale, la sfera. Ora, proiettando le due forme, le dinamiche dello spazio che si metteranno in moto, non avranno i medesimi sviluppi. Trasferendo al pensiero l’esperimento si potrà constatare come il muoversi in un tracciato lineare, dato, definito, limitato, non equivalga al muoversi in un percorso nodale, da tracciare, da definire, da limitare.
- Se questo è il nodo storico del cambiamento tra un prima e un dopo, nell’Era delle informazioni ha ancora senso parlare di storia, sotto l’accezione tradizionale del termine?
- Se il viaggiare nelle informazioni, diviene l’elemento costitutivo dell’appropriazione di conoscenza, come porre ai giovani il sapere storiografico?
- Se lo spazio assume esso stesso significato storico, ponendosi come la matrice della vita, ha ancora senso ordinare lo studio della storia secondo il semplice asse tempo?
Dalla risposta a questi semplici quesiti ha preso corpo il nuovo campo di studi a cui, personalmente, ho dato il nome di Biostoria, nel lontano 1992.
Introdurre il nuovo campo d’indagine, ha presupposto il superamento dell’idea stessa di storia, ma osservando meglio, non è la storia superata, bensì il significato che alla parola è stato dato. Se la storia, in chiave biostorica, è il processo vitale che si concretizza a tempo 0, il tempo presente, in tutti gli spazi cosmici, quello che comunemente si fa passare per storia, è semplicemente la storiografia, cioè la scrittura-interpretazione intorno alla vita, la quale per processo di entropia tende a morire, nello stesso attimo in cui si pone.
Ponendo tale dualismo storia/storiografia, già sottolineato da J Le Goff, nell’indagine si sposta lo sguardo dai fatti-eventi ai processi storici, per cui la lettura non è più una semplice nomenclatura, narrazione e valutazione di avvenimenti e situazioni, ma un’elaborazione di movimenti spazio-temporali che implicano un’organizzazione bio-fisica di eventi, identificati con la vita a livello cosmico. In ciò si delimita e si definisce il nuovo campo di indagine biostoria, intesa questa come la lettura-mappatura della dinamica della vita/morte che fa da sfondo alla costruzione degli eventi. Se l’evento è un quid che ha preso forma nello spazio-tempo, esso segue un ordine evolutivo che si presta ad essere disegnato, proiettato, valutato… tutte queste operazioni fanno di quel quid un quanto storico che si presta ad essere conosciuto.
Il passaggio dallo stato di ignoto a quello di noto implica da un lato la trasformazione del quanto in evento e dall’altro la traslazione del passato nel presente che tende al futuro. È in tale incontrarsi di passato-presente-futuro che si può parlare di un lungo oggi, come contemporaneità a tempo continuo. Il processo di costruzione della storia, quindi, si pone come il processo di naturalizzazione dello spazio-tempo. Il prendere natura, implica un prendere corpo o forma che si presta ad essere chiamata, disegnata, ruotata, pesata… e in tutte queste operazioni si costruisce la conoscenza che non va confusa con la storia.
La conoscenza produce le mappe cognitive con i relativi nodi informativi, ma le mappe e i nodi non sono la storia che nella sua complessità si pone come un sur-plus rispetto alla conoscenza. In tale essere un di più, si presta ad essere riesplorata, riletta, rivisitata, ridefinita. Compito del biostorico, non è tanto il commento sui fatti, quanto la capacità a disegnare le mappe di processo intorno a quei fatti. Non è assumere una posizione da censore intorno al passato, quanto fare di quel passato, selezionato, una cresta di evento che possa permettere di proiettare le dinamiche passate nel futuro, per comprenderne le portate storiche, a breve, medio e lungo termine, che faranno di quel avvenimento un fatto vitale o mortale. Con tale capacità ad anticipare il futuro si potrà imparare a riequilibrare il rapporto tra sistema cognitivo e sistema storico e così allontanare l’implosione della stessa società, già ipotizzata da A Toffler.
Lo stesso E Morin, parlando intorno al metodo di lettura della complessità, pone come imminente il superamento della storia, infatti parla di tre processi evolutivi nel cammino dell’umanità: la preistoria, la storia e la metastoria. Indicando in questa ultima definizione, la possibilità di sopravvivenza, dovuta alla capacità dell’uomo a saper leggere la dialogica della vita, per poi saper selezionare le risposte d’evento, amplificando le possibilità di un benessere per tutti e non per i soliti pochi privilegiati. In tale capacità a saper entrare nelle maglie della dinamica della vita, l’umanità apprenderà i modi per implementare i processi vitali e in tali modi imparerà a crescere le quantità-qualità di vita.
Imparare a saper vivere sarà la nuova frontiera per l’intera umanità e in questo percorso esplorativo sulle dinamiche eco-biostoriche si acquisiranno i significati profondi che faranno di ogni evento un senso storico. I sensi come direzioni di futuro, con un gioco di esplosione/implosione daranno corpo alle creste/nicchie che formeranno lo spessore della spugna storica, vista come l’uno-tutto della vita, a tempo infinito.