In questa pagina tratta da Le posizioni di lettura nell’estensione a frattale della mente, si vuole aprire una finestra di riflessione sui rapporti di povertà/ricchezza non in relazione al mondo delle cose e del denaro, ma in relazione all'organizzazione del pensiero.
Oggi la povertà è essenzialmente un fatto emozionale che nasce da un sistema mentale che ha smarrito il legame con una progettualità a lungo temine che fa assumere una posizione a occhio infinito in grado di leggere il legame: creatura-creazione-creatore.
“... Se si considera l’espansione della mente-pensiero un processo evolutivo che nasce da una reale e concreta azione nel campo storico, allora si può iniziare a comprendere come ogni passo nuovo delle società sia di fatto un mutamento mentale, una novità cognitiva del modo di organizzare le idee e le visioni della realtài.
Esiste tra habitat-cervello-visione un legame interattivo, inscindibile, per cui l’ambiente forgia il suo individuo storico e l’individuo plasma il suo ambiente vitale. Entrare in una simile architettura storica, implica l’accettazione che ogni civiltà ha sviluppato la sua mente per interagire nel suo spazio ed essere così protagonista della sua storia...
Il rapporto uomo-tempo è intrinseco alla dinamica dei sistemi socialiii. Ogni civiltà elabora il suo andamento storico per cui si osserverà, con una finestra a tutto campo, una molteplicità di velocità delle economie con ritmi discontinui che daranno il grado di malessere/benessere di ogni dato sistema. Le andature rendono le società difformi sotto i profili economico, politico, sociale, culturale che si prestano ad essere letti con specifiche lenti cognitive e con ogni lente-lettura si evincerà il grado (- o +) del valore del sistema.
Ogni ritmo crea la forma della sua nicchia umana di organizzazione mentale, l'uomo contadino, ad esempio, che si misurava con una ciclicità biennale se non triennale della produzione dei suoli, ebbe un rapporto differente con il tempo dall'uomo del nanosecondo. Egli poteva dare spazio, nel tempo morto dell'attività agricola, alla fantasia, alla fabulazione, alla capacità di immaginare mondi fantastici. Poteva spendere parte della sua eccedenza temporale nella costruzione dei rapporti di vicinato basati su una solidarietà spontanea di assistenza e soccorso della prole in caso di morte o malattia di un genitore; nella condivisione di alcune attività come il raccolto o la panificazione o il bucato. Tali facoltà immaginative e relazionali si traducevano in una maggiore ampiezza del significato esistenziale con una ricaduta sul piano civile:
Erano uomini che davano profondità oltre-terrena all'azione; essi credevano nel bisogno di rendere ogni risposta un valore stabile, per cui la tradizione come l'essere radicato nelle trame storiche era la salvaguardia dello stato sociale, quale bagaglio culturale degno di essere tramandato alle nuove generazioni. Così facendo essi superavano le strettoie contingenti del tempo presente, per aprirsi ad una visione universale.
Con la società industriale, come ben evidenziò E.J. Hobsbawmiii si attuò la prima grande accelerazione nel rapporto uomo-tempo, dato che il ciclo di fabbrica, con gli alti forni e i costi per tenerli accesi, impose il ritmo della macchina. L'aspetto produttivo a ciclo continuo avviò una rilettura sul tempo morto, che a partire dall'analisi di A. Smithiv sulla divisione del lavoro, fu inteso come tempo perso, annullando il valore della pausa di silenzio dall'azione. Lo svuotamento del significato del tempo dell'attesa del raccolto fece percepire la dimensione temporale come uno spazio orario giornaliero, in cui non aveva più senso pensare e cosa più grave fantasticare in termini stagionali, annuali. L'uomo-giorno aveva un'ampiezza organizzativa fatta a “segmento breve” e anche la sua immaginazione si era circoscritta a progetti e azioni a breve scadenza.
L'aver tolto spazio alla fantasia e alle relazioni sociali di vicinato, legando l'agente storicov alla semplice linearità della catena di montaggio, ha impoverito di fatto lo spazio elaborativo della coscienza e ha localizzato il significato esistenziale, posizionandolo nella sola prospettiva terrena, meglio nel luogo fabbrica e in tutto quanto le ruotasse intorno. Riducendo le coordinate spaziali a due assi evolutivi, da uno spazio tridimensionale topico-atopico-utopicovi ad uno bidimensionale, nell'elaborazione ideativa. L'aver eliminato il sogno utopico, con tutta la gamma delle visualizzazioni a respiro universale, ha reso fortemente vincolate le menti alla materialità del oggettivarsi dei fenomeni storici, dando spazio ad una logica del tutto e subito che ha ricevuto una nuova impennata d'accelerazione con il sistema informatico.
Un pensiero avvitato nell'ingranaggio macchina, come descritto in Tempi moderni di Charles Chaplin, ha fatto del meccanicismo lo scopo finale del processo storico. L'uomo macchina è diventato il prigioniero del suo stesso prodotto. Il consumatore di cose che in modo sempre più incalzante lo spingono ad aumentare da un lato l'impegno lavorativo, data la spinta tecnologia che impone sempre nuovi bisogni; dall'altro ad uno stato emozionale di precarietà con l'affermarsi di un cupo relativismo:
Se le dimensioni spazio-temporali della vita sono avvitate intorno all'io-società, come relazione individuo-campo, allora si perde l'occhio di lettura a campo infinito; in tale perdita si attua una involuzione della coscienza che non è più in grado di attuare progetti ad ampio respiro, ad ampia apertura logica. Non credendo più nell'infinito, l'uomo tecnologico e tecnocratico ha smarrito il senso stesso del suo essere nella storia. In tale smarrimento, la vita personale come la presenza in una data realtà, ha assunto un significato nevralgico, portando ad adottare tutta una serie di misure per rendere più a lungo possibile la permanenza.
Se l'uomo agricolo dava un valore relativo al suo esserci nel mondo, che era letto come una fase intermedia del processo genitoriale in relazione all'idea di famiglia e di stirpe; l'uomo tecnologico assolutizzando, vede se stesso come il punto di partenza-fine della sua azione. Di qui il senso di solitudine e alienazione, come effetto della perdita della relazione creatura-creato-creatore; in tal senso si può pirandellianamente parlare di un io frantumato.
Come una società non è espressione della sola dimensione economica, così l'uomo non è semplice elaborazione di sé. L'aver imposto nella costruzione della coscienza un un forte vincolo economico ha fatto del denaro e dello spazio intorno a cui ruota lo scambio commerciale, il nodo nevralgico del giudizio di valore storico, agendo da perturbatore antropologico, come ben sottolinea nella prefazione del saggio Il denaro in testavii,Vittorino Andreoli, “La società del denaro non coglie la bellezza del mondo e neanche il suo affanno, riduce l’uomo a un salvadanaio che si può rompere troppo facilmente, lasciando solo dei cocci. L’uomo non merita di diventare un contenitore di monete”.
La produzione industriale con i suoi rapporti di ricchezza/povertà ha dato il senso-indirizzo all'azione di risposta storica e l'uomo depauperato della sua complessità ideativa è divenuto un agente più o meno valido in funzione dal più o meno possesso di moneta, indicatore questo che fa definire i gradi di supremazia e di dipendenza tra le società e gli stessi individui...”
Note:
i Colamonico, A. Ordini Complessi . Carte biostoriche di approccio ad una conoscenza a cinque dimensioni. © Il Filo, Bari 2002.
ii Colamonico, A. Fatto tempo spazio. Premesse per una didattica sistemica della storia. OPPOI, Milano 1993.
iii Hobsbawm, E.J. E. Le rivoluzioni borghesi 1789-1848. Il Saggiatore, Milano 1963
iv Smith, A. La ricchezza delle nazioni. UTET, Torino 1975
v Colamonico, A. Mastroleo, M. Le geometrie della vita nel salto eco-biostorico. Verso una topologia a occhio infinito della relazione mente/mondo. © Il Filo, Bari, 2010.
vi Colamonico, A. Costellazioni di significati per una topologia del pensiero complesso. © Il Filo, Bari 2006.
vii Andreoli, V. Il Denaro in testa. Rizzoli, Milano 2011.
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